Per quanto mi riguarda Graziano Cecchini è un uomo coraggioso, libero nel pensiero e nell'azione. Anarchico. Anche se non so quanto questo aggettivo gli faccia piacere. Certo è che si comporta e la pensa come se lo fosse. Dalla strenua difesa dell'autodeterminazione dei popoli (è stato in Afghanistan e in Iraq non certo dalla parte degli Usa, in Birmania a fianco dei monaci buddisti e dei Karen contro il regime dei colonnelli) all’impegno contro una società schiacciata e svilita dai privilegi e dall'ingiustizia, dal capitalismo e dai suoi sprechi, Cecchini agisce, fa. Compie "azioni dirette" che non possono che essere ricondotte a quelle del sindacalismo rivoluzionario francese
dell'Ottocento strettamente associate alle varie forme di resistenza del mondo operaio militante, a quelle della disobbedienza civile di Ghandi, a quelle della lotta per la casa, dei precari.
Cecchini è anti-marxista. Ha letto Bakunin e ha fatto propria la critica del rivoluzionario russo all'autore del capitale: Marx rappresentava un'ala del movimento socialista che mirava anzitutto a
impadronirsi del potere, Bakunin rappresentava l'altra. Quella che mirava, al contrario, al superamento del potere attraverso nuove forme politiche, nuove forme di riunione, nuovi processi decisionali, nuovi modi di coordinamento. Che oggi, come allora, devono prescindere dai partiti: non ha senso farne parte e pensare di cambiarli dall'interno, o fondarne di nuovi, visto che il loro fine ultimo è sempre e comunque il potere. Cecchini, al contrario, vuole strappare dalle mani dell'elite dirigenziale e dei loro mercenari il potere di prendere decisioni per conto del popolo, senza nemmeno interpellarlo. Il Rosso Trevi nasce proprio da questo. Il sindaco Veltroni ha chiesto ai romani se volevano usare tutto quel denaro per la Festa del Cinema piuttosto che investirlo per costruire nuove case popolari? No. Non lo ha fatto. E Cecchini ha agito.
Cecchini è un rivoluzionario. Intendendo per "rivoluzione" quella caldeggiata da Errico Malatesta che serve a "distruggere tutti i legami coercitivi". Quella "creata da un desiderio di fratellanza, da interessi individuali e collettivi, dai bisogni della produzione e della difesa". La rivoluzione che ha come fine "la costituzione di innumerevoli raggruppamenti basati sulle idee, i desideri e i gusti delle masse". Tutt’altro che utopia. Perché questa società esiste già, parallela e invisibile. È quella delle sfere d'azione libere, il mutuo soccorso, l'aiuto reciproco tra individui, la cooperazione volontaria. Che sono istinti umani forti quanto l'aggressività e il desiderio di dominio. Come ha dimostrato scientificamente Petr Kropotkin.
Ma Cecchini è soprattutto una persona schietta e leale. Anche con chi ha idee politiche diverse dalle sue. Cecchini non giudica. È curioso, vuole sapere, conoscere i punti di vista altri rispetto ai suoi. Esattamente come me. Che sono “inciampata” in lui perché infaticabile ricercatore di documenti, libri, scritti, immagini di tutto quello che sono stati gli anni di piombo. Si è rivelato una fonte preziosa, un testimone diretto di quello che avvenne in Italia, e non solo, negli anni Settanta e Ottanta. Uno dei tanti giovani disposti a prendere in mano una pistola per cambiare il mondo, pronti alla rivoluzione. Quei giovani ora siedono sugli scranni più alti della politica, dell’economia e della finanza. Lui no. Graziano Cecchini è ancora in prima linea. Lui il mondo lo vuole cambiare davvero. E ora che ha deciso di farlo senza pistola si può anche stare dalla sua parte. Anzi, si deve.
Nicoletta Orlandi Posti
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noi cani senza lacci ne padroni