Gramsci futurista secondo Graziano Cecchini
*Per gli eventi in programma dal 21 l 23 giugno a Ales (Oristano) dintorni a cura della Biblioteca Gramsciana: Gramsci Futurismo Neofuturismo e Graziano Cecchini RossoTrevi, in esclusiva per Eccolanotiziaquotidiana, dall’artista di Roma Capitale celebre a partire dal noto blitz de La Fontana Rossa di Trevi del 19/10/2007, la relazione focus su Antonio Gramsci, gentilmente in anteprima (R.G.):
OBLIO DEL PENSIERO
Futurismo, Gramsci e…….
Futurismo, Gramsci e…….
Roma, 19 ottobre 2007, ore 16.30.
FONTANA DI TREVI
Sul bordo della Fontana, tutto intorno, vengono lasciati dei fogli dattiloscritti: è il Comunicato che accompagnava la performance di Fontana di Trevi.
Comunicato che non è stato mai divulgato dai media.
Di seguito il testo integrale.
COMUNICATO
Rieccoci…
Il Futurismo nacque a Parigi nel 1909 con la pubblicazione del Manifesto del Futurismo di FTM avvenuta sul quotidiano “Le Figaro”.
Il nostro Movimento coinvolge tutti i campi della vita, della società e della cultura.
Per questa nostra natura, saremo l’Avanguardia, come tale ci scontreremo contro tutto e contro tutti e, con spirito di lotta e sana violenza, faremo di questa società grigioborghese un TRIONFO DI COLORE.
Vi abbatteremo per far rivivere l’Arte, la Cultura e il Lavoro. Insieme a voi, vecchi e sopravvissuti di una società mercato-centrica, morirà l’arte come fenomeno elitario per rinascere come Arte nuova, capace di seguire tutti i nuovi mezzi di produzione della società industriale contemporanea. Inizia così, per noi futuristi del nuovo millennio, una nuova adesione alle evolute tecniche e ai nuovi mezzi espressivi interpretando un rinnovamento totale dovuto ad un frenetico tempo che scorre. Nasce così l’esaltazione per la lotta. «Noi precari, disoccupati, anziani, malati, studenti, lavoratori, stiamo arrivando con il vermiglio per colorare il vostro grigiore».
Roma, 19 ottobre 2007
Lavoro, uguaglianza sociale e culturale, innovazione, rottura con il passato e voglia di rinnovamento per costruire un futuro che garantisca a tutti i componenti della società prospettive di crescita… questi i temi a me cari nel 2007 ed espressi pubblicamente in occasione della mia prima performance artistica.
I conoscitori delle teorie gramsciane potranno riconoscere alcuni temi a lui cari; gli studiosi del Futurismo anche.
Ai più sprovveduti invece potrà sembrare impossibile che due correnti considerate per quasi cent’anni diametralmente contrapposte possano avere tanti punti di contatto, a coloro i quali invece piace andare oltre le etichette politico-ideologiche sembreranno più che assennate le analogie che io allora vidi tra il pensiero politico di Gramsci e l’azione rivoluzionaria di Marinetti.
La storia insegna, ma non ha scolari – Marciare per non marcire
Gramsci e Marinetti: i due uomini del ‘900 che hanno rappresentato un’eccellenza intellettuale nel panorama storico-letterario italiano e internazionale sono anche i due che, con le loro parole, hanno provocato l’establishment culturale del tempo e hanno suscitato emozioni e divisioni sia in vita sia dopo la morte.
Tanto erano innovative le loro teorie che sono stati spesso depredati dei propri lavori, concetti e azioni.
Odiati ma imitati, criticati, invidiati, temuti e osteggiati.
Le parole di entrambi sono state spesso travisate, manipolate e ignorate da piccoli studiosi e faccendieri della politica nostrana PER poi ESSERE RISCOPERTI OGNI QUAL VOLTA SERVE IL LORO APPORTO CULTURALE.
Citarli significa acquisire immediatamente sostanza e spessore culturale…
Leggerli evidenzia l’inadeguatezza di coloro che oggi rivestono i loro ruoli di ieri.
Confrontarsi con uomini come Gramsci o Marinetti evidenzia la nostra colpevolezza nei confronti delle generazioni future: “La storia insegna ma non ha scolari”… quanto è vero!
In un articolo del 1921, su “Ordine Nuovo”, intitolato “Marinetti il Rivoluzionario?” riferiva che il compagno Lunaciarskij, ministro della cultura sovietico, aveva dichiarato ufficialmente, in un discorso ufficiale alla delegazione italiana (pronunciato in perfetto italiano, il che escludeva ogni incomprensione linguistica), che in Italia l’unico intellettuale rivoluzionario era Filippo Tommaso Marinetti.
Gramsci ironizzava sullo scandalo che una tale dichiarazione avrebbe fatto scandalo tra i “filistei del movimento operaio”, e che alla loro lista abituale d’insulti nei confronti dei compagni deviazionisti (bergsoniano, pragmatista, volontarista, spiritualista), si sarebbero ormai aggiunti anche anche quelli, più sanguinosi ancora, di futurista e marinettista. Lo stesso Gramsci del resto ricordò, anche in una lettera a Trotzky, che a Torino e a Milano il futurismo era stato popolare tra i lavoratori, (la rivista “Lacerba”, a prezzi ridotti, vendette 4/5 delle sue copie tra gli operai).
Nell’articolo Gramsci sosteneva che il Futurismo era stato veramente rivoluzionario nella sua distruzione dei capisaldi della cultura borghese.
Rivoluzionario Marinetti lo era stato non sul terreno economico, ma su quello culturale, distruggendo gerarchie di valori spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, e per ciò stesso spianando la strada alla rivoluzione operaia che avrebbe attaccato la struttura materiale.
Distruggere “significa non aver paura di ciò che è nuovo e audace, non essere terrorizzato dai mostri, non credere che caschi il mondo se un operaio fa un errore di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro sembra una bandiera, se i giovani arricciano il naso di fronte alla senilità accademica”.
E, nel distruggere, i futuristi “hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costumi, di linguaggio; hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista”, quando invece i socialisti non erano nemmeno remotamente toccati da tutto ciò e non osavano veramente attaccare la macchina del potere borghese, nello Stato e nelle fabbriche, timorosi in fondo di distruggere troppo.
Dunque non solo i futuristi in arte sono rivoluzionarrivoluzionari, ma, sostiene Gramsci, “in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi”.
E gli operai che difendevano i futuristi “sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi”.
Questo scriveva Gramsci il 5 gennaio del 1921.
Quante verità e quanta contemporaneità in queste parole.
Una delle più lucide e realistiche interpretazioni del futurismo!
Parole libere di un libero pensatore che pagò la sua libertà con il prezzo più alto: la propria vita.
La sua dignità, come uomo e come politico fu un blocco di pura selce sarda troppo dura ancora oggi per poter ottenere giustizia.
D’altronde anche il Futurismo pagò e continua a pagare (nonostante i centenari e le “commemorazioni” degli ultimi anni) l’ostilità di coloro che siedono nelle poltrone del “potere”.
Il concetto della rivoluzione, della “distruzione”, del divenire e del cambiamento costante e progressivo in tutti i campi (artistico, culturale, sociale….) non potevano essere accettati né difesi: semplicemente il Futurismo è TROPPO. Per chiunque e per qualsiasi classe dirigente di qualsiasi secolo.
Il Futurismo porta con sé il concetto stesso di rinnovamento e, così facendo, porta i germi della “detronizzazione” del potere. il Futurismo codificò cento anni fa la rottamazione renziana:”I più anziani fra noi, hanno trent’anni!”, scriveva Marinetti nel Manifesto. “Quando avremo quarant’anni”, aggiungeva, “altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. – Noi lo desideriamo”.
I giovani, a loro volta, avrebbero senz’altro sottoscritto il suo rivoluzionario progetto globale. Nei giovani, nelle loro energie inesauribili, nel loro sguardo puntato diritto al futuro, nel “nuovo modo di vedere il mondo”, egli aveva riposto tutta la sua fiducia e ogni sua speranza di vederlo realizzato:
“Il Futurismo, nel suo programma totale, è un’atmosfera d’avanguardia; è la parola d’ordine di tutti gl’innovatori o franchi tiratori intellettuali del mondo; è l’amore del nuovo; l’arte appassionata della velocità; la denigrazione sistematica dell’antico, del vecchio, del lento, dell’erudito e del professorale; è il rumore stridente di tutti i picconi demolitori; è un nuovo modo di vedere il mondo; una nuova ragione di amare la vita; un’entusiastica glorificazione delle scoperte scientifiche e del meccanismo moderno; una bandiera di gioventù, di forza e di originalità ad ogni costo; è uno sputacchio enorme su tutti i passatisti deprimenti; un colletto d’acciaio contro l’abitudine dei torcicolli nostalgici; una mitragliatrice inesauribile puntata contro l’esercito dei morti, dei podagrosi e degli opportunisti, che vogliamo esautorare e sottomettere a giovani audaci e creatori; è una cartuccia di dinamite per tutte le rovine venerate”.
Come POTEVA/PUO’ essere accettato un movimento che parla in questo modo?
Il Futurismo e il pensiero gramsciano ERANO/SONO fastidiosi per tutti…. perché VOLEVANO/VOGLIONO cambiare, APRIVANO/APRONO le menti e non AVEVANO/HANNO paura nel “distruggere” tutti i simulacri del vivere borghese.
Ma il Futurismo, dopo cento anni dalla sua nascita è vivo, e mai come ora la società ha bisogno di ciò che il Futurismo può dare.
Tutti parlano di Futurismo, sotto l’egida di finanziamenti e delle mode del momento, ma in pochi lo conoscono davvero. Tutti ne parlano, in pochi lo capiscono.
Il Futurismo non è stato e non sarà mai unicamente un’Avanguardia artistica, ogni opera d’arte acquista un valore maggiore quando è innestata in modo inequivocabile alla società, così come i padri fondatori hanno dimostrato.
La violenza del Futurismo è la violenza della provocazione, di chi sfida le convenzioni per una realtà senza lacci alle potenzialità dell’uomo.
L’uomo futurista è un uomo di azione, innovativo e creatore delle condizioni della propria vita e rifugge la pace intesa come appiattimento della coscienza e della volontà.
L’unione di arte, innovazione, creatività e provocazione creano il Futurismo del nuovo millennio.
I Grandi Pensieri, i Grandi Sentimenti, i Grandi Uomini non invecchiano con il tempo, ma fanno sempre paura.
Gramsci e Marinetti: innovativi e contemporanei e, per questo, così necessari alla società di oggi!
Perché quanto c’è bisogno, OGGI, di “distruggere”, di cambiare, di non aver paura nell’affrontare nuove forme politiche, nuove economie, nuove filosofie di lavoro – come dice uno dei manifesti futuristi – quanto bisogno abbiamo oggi di osare nel cambiare le grandi città, ricostruire le fabbriche, l’arte, il linguaggio, i costumi, quanto bisogno abbiamo di un ordine nuovo, di ridisegnare l’universo… quanto bisogno abbiamo, OGGI, della lezione dell’avanguardia futurista e del pensiero di Gramsci…
E’ vero la storia insegna, e io spero di essere uno “scolaro” che marcia per non marcire. Che lotta per non morire.
Rinunciare a essere compresi.
FONTANA DI TREVI
Sul bordo della Fontana, tutto intorno, vengono lasciati dei fogli dattiloscritti: è il Comunicato che accompagnava la performance di Fontana di Trevi.
Comunicato che non è stato mai divulgato dai media.
Di seguito il testo integrale.
COMUNICATO
Rieccoci…
Il Futurismo nacque a Parigi nel 1909 con la pubblicazione del Manifesto del Futurismo di FTM avvenuta sul quotidiano “Le Figaro”.
Il nostro Movimento coinvolge tutti i campi della vita, della società e della cultura.
Per questa nostra natura, saremo l’Avanguardia, come tale ci scontreremo contro tutto e contro tutti e, con spirito di lotta e sana violenza, faremo di questa società grigioborghese un TRIONFO DI COLORE.
Vi abbatteremo per far rivivere l’Arte, la Cultura e il Lavoro. Insieme a voi, vecchi e sopravvissuti di una società mercato-centrica, morirà l’arte come fenomeno elitario per rinascere come Arte nuova, capace di seguire tutti i nuovi mezzi di produzione della società industriale contemporanea. Inizia così, per noi futuristi del nuovo millennio, una nuova adesione alle evolute tecniche e ai nuovi mezzi espressivi interpretando un rinnovamento totale dovuto ad un frenetico tempo che scorre. Nasce così l’esaltazione per la lotta. «Noi precari, disoccupati, anziani, malati, studenti, lavoratori, stiamo arrivando con il vermiglio per colorare il vostro grigiore».
Roma, 19 ottobre 2007
Lavoro, uguaglianza sociale e culturale, innovazione, rottura con il passato e voglia di rinnovamento per costruire un futuro che garantisca a tutti i componenti della società prospettive di crescita… questi i temi a me cari nel 2007 ed espressi pubblicamente in occasione della mia prima performance artistica.
I conoscitori delle teorie gramsciane potranno riconoscere alcuni temi a lui cari; gli studiosi del Futurismo anche.
Ai più sprovveduti invece potrà sembrare impossibile che due correnti considerate per quasi cent’anni diametralmente contrapposte possano avere tanti punti di contatto, a coloro i quali invece piace andare oltre le etichette politico-ideologiche sembreranno più che assennate le analogie che io allora vidi tra il pensiero politico di Gramsci e l’azione rivoluzionaria di Marinetti.
La storia insegna, ma non ha scolari – Marciare per non marcire
Gramsci e Marinetti: i due uomini del ‘900 che hanno rappresentato un’eccellenza intellettuale nel panorama storico-letterario italiano e internazionale sono anche i due che, con le loro parole, hanno provocato l’establishment culturale del tempo e hanno suscitato emozioni e divisioni sia in vita sia dopo la morte.
Tanto erano innovative le loro teorie che sono stati spesso depredati dei propri lavori, concetti e azioni.
Odiati ma imitati, criticati, invidiati, temuti e osteggiati.
Le parole di entrambi sono state spesso travisate, manipolate e ignorate da piccoli studiosi e faccendieri della politica nostrana PER poi ESSERE RISCOPERTI OGNI QUAL VOLTA SERVE IL LORO APPORTO CULTURALE.
Citarli significa acquisire immediatamente sostanza e spessore culturale…
Leggerli evidenzia l’inadeguatezza di coloro che oggi rivestono i loro ruoli di ieri.
Confrontarsi con uomini come Gramsci o Marinetti evidenzia la nostra colpevolezza nei confronti delle generazioni future: “La storia insegna ma non ha scolari”… quanto è vero!
In un articolo del 1921, su “Ordine Nuovo”, intitolato “Marinetti il Rivoluzionario?” riferiva che il compagno Lunaciarskij, ministro della cultura sovietico, aveva dichiarato ufficialmente, in un discorso ufficiale alla delegazione italiana (pronunciato in perfetto italiano, il che escludeva ogni incomprensione linguistica), che in Italia l’unico intellettuale rivoluzionario era Filippo Tommaso Marinetti.
Gramsci ironizzava sullo scandalo che una tale dichiarazione avrebbe fatto scandalo tra i “filistei del movimento operaio”, e che alla loro lista abituale d’insulti nei confronti dei compagni deviazionisti (bergsoniano, pragmatista, volontarista, spiritualista), si sarebbero ormai aggiunti anche anche quelli, più sanguinosi ancora, di futurista e marinettista. Lo stesso Gramsci del resto ricordò, anche in una lettera a Trotzky, che a Torino e a Milano il futurismo era stato popolare tra i lavoratori, (la rivista “Lacerba”, a prezzi ridotti, vendette 4/5 delle sue copie tra gli operai).
Nell’articolo Gramsci sosteneva che il Futurismo era stato veramente rivoluzionario nella sua distruzione dei capisaldi della cultura borghese.
Rivoluzionario Marinetti lo era stato non sul terreno economico, ma su quello culturale, distruggendo gerarchie di valori spirituali, pregiudizi, idoli, tradizioni irrigidite, e per ciò stesso spianando la strada alla rivoluzione operaia che avrebbe attaccato la struttura materiale.
Distruggere “significa non aver paura di ciò che è nuovo e audace, non essere terrorizzato dai mostri, non credere che caschi il mondo se un operaio fa un errore di grammatica, se una poesia zoppica, se un quadro sembra una bandiera, se i giovani arricciano il naso di fronte alla senilità accademica”.
E, nel distruggere, i futuristi “hanno avuto fiducia in se stessi, nella foga delle energie giovani, hanno avuto la concezione netta e chiara che l’epoca nostra, l’epoca della grande industria, della grande città operaia, della vita intensa e tumultuosa, doveva avere nuove forme, di arte, di filosofia, di costumi, di linguaggio; hanno avuto questa concezione nettamente rivoluzionaria, assolutamente marxista”, quando invece i socialisti non erano nemmeno remotamente toccati da tutto ciò e non osavano veramente attaccare la macchina del potere borghese, nello Stato e nelle fabbriche, timorosi in fondo di distruggere troppo.
Dunque non solo i futuristi in arte sono rivoluzionarrivoluzionari, ma, sostiene Gramsci, “in questo campo, come opera creativa, è probabile che la classe operaia non riuscirà per molto tempo a fare di più di quanto hanno fatto i futuristi”.
E gli operai che difendevano i futuristi “sostenevano la storicità, la possibilità di una cultura proletaria, creata dagli operai stessi”.
Questo scriveva Gramsci il 5 gennaio del 1921.
Quante verità e quanta contemporaneità in queste parole.
Una delle più lucide e realistiche interpretazioni del futurismo!
Parole libere di un libero pensatore che pagò la sua libertà con il prezzo più alto: la propria vita.
La sua dignità, come uomo e come politico fu un blocco di pura selce sarda troppo dura ancora oggi per poter ottenere giustizia.
D’altronde anche il Futurismo pagò e continua a pagare (nonostante i centenari e le “commemorazioni” degli ultimi anni) l’ostilità di coloro che siedono nelle poltrone del “potere”.
Il concetto della rivoluzione, della “distruzione”, del divenire e del cambiamento costante e progressivo in tutti i campi (artistico, culturale, sociale….) non potevano essere accettati né difesi: semplicemente il Futurismo è TROPPO. Per chiunque e per qualsiasi classe dirigente di qualsiasi secolo.
Il Futurismo porta con sé il concetto stesso di rinnovamento e, così facendo, porta i germi della “detronizzazione” del potere. il Futurismo codificò cento anni fa la rottamazione renziana:”I più anziani fra noi, hanno trent’anni!”, scriveva Marinetti nel Manifesto. “Quando avremo quarant’anni”, aggiungeva, “altri uomini più giovani e più validi di noi, ci gettino pure nel cestino, come manoscritti inutili. – Noi lo desideriamo”.
I giovani, a loro volta, avrebbero senz’altro sottoscritto il suo rivoluzionario progetto globale. Nei giovani, nelle loro energie inesauribili, nel loro sguardo puntato diritto al futuro, nel “nuovo modo di vedere il mondo”, egli aveva riposto tutta la sua fiducia e ogni sua speranza di vederlo realizzato:
“Il Futurismo, nel suo programma totale, è un’atmosfera d’avanguardia; è la parola d’ordine di tutti gl’innovatori o franchi tiratori intellettuali del mondo; è l’amore del nuovo; l’arte appassionata della velocità; la denigrazione sistematica dell’antico, del vecchio, del lento, dell’erudito e del professorale; è il rumore stridente di tutti i picconi demolitori; è un nuovo modo di vedere il mondo; una nuova ragione di amare la vita; un’entusiastica glorificazione delle scoperte scientifiche e del meccanismo moderno; una bandiera di gioventù, di forza e di originalità ad ogni costo; è uno sputacchio enorme su tutti i passatisti deprimenti; un colletto d’acciaio contro l’abitudine dei torcicolli nostalgici; una mitragliatrice inesauribile puntata contro l’esercito dei morti, dei podagrosi e degli opportunisti, che vogliamo esautorare e sottomettere a giovani audaci e creatori; è una cartuccia di dinamite per tutte le rovine venerate”.
Come POTEVA/PUO’ essere accettato un movimento che parla in questo modo?
Il Futurismo e il pensiero gramsciano ERANO/SONO fastidiosi per tutti…. perché VOLEVANO/VOGLIONO cambiare, APRIVANO/APRONO le menti e non AVEVANO/HANNO paura nel “distruggere” tutti i simulacri del vivere borghese.
Ma il Futurismo, dopo cento anni dalla sua nascita è vivo, e mai come ora la società ha bisogno di ciò che il Futurismo può dare.
Tutti parlano di Futurismo, sotto l’egida di finanziamenti e delle mode del momento, ma in pochi lo conoscono davvero. Tutti ne parlano, in pochi lo capiscono.
Il Futurismo non è stato e non sarà mai unicamente un’Avanguardia artistica, ogni opera d’arte acquista un valore maggiore quando è innestata in modo inequivocabile alla società, così come i padri fondatori hanno dimostrato.
La violenza del Futurismo è la violenza della provocazione, di chi sfida le convenzioni per una realtà senza lacci alle potenzialità dell’uomo.
L’uomo futurista è un uomo di azione, innovativo e creatore delle condizioni della propria vita e rifugge la pace intesa come appiattimento della coscienza e della volontà.
L’unione di arte, innovazione, creatività e provocazione creano il Futurismo del nuovo millennio.
I Grandi Pensieri, i Grandi Sentimenti, i Grandi Uomini non invecchiano con il tempo, ma fanno sempre paura.
Gramsci e Marinetti: innovativi e contemporanei e, per questo, così necessari alla società di oggi!
Perché quanto c’è bisogno, OGGI, di “distruggere”, di cambiare, di non aver paura nell’affrontare nuove forme politiche, nuove economie, nuove filosofie di lavoro – come dice uno dei manifesti futuristi – quanto bisogno abbiamo oggi di osare nel cambiare le grandi città, ricostruire le fabbriche, l’arte, il linguaggio, i costumi, quanto bisogno abbiamo di un ordine nuovo, di ridisegnare l’universo… quanto bisogno abbiamo, OGGI, della lezione dell’avanguardia futurista e del pensiero di Gramsci…
E’ vero la storia insegna, e io spero di essere uno “scolaro” che marcia per non marcire. Che lotta per non morire.
Rinunciare a essere compresi.
Esser compresi, non è necessario.
F.T. Marinetti
F.T. Marinetti
*GRAZIANO CECCHINI, ALES, ORISTANO 21/23 GIUGNO 2013
FONTE: ECCOLANOTIZIA
info:
http://oubliettemagazine.com/2013/06/17/gramsci-futurismo-neo-futurismo-e-graziano-cecchini-rossotrevi-22-giugno-2013-ales-sardegna/
http://mediterranews.org/2013/06/graziano-cecchini-rossotrevi-in-sardegna-programma-dei-tre-incontri/
http://youtu.be/e5YaHfNuFRI VIDEO di RossoTrevi x Gramsci
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