venerdì 31 maggio 2013

AUTORISCATTI


mostra Made in jail.......Rebibbia

comunicato mostra made in jail
venerdi 7 giugno 2013 presso terza casa penale di rebibbia,via bartolo longo 82 seconda edizione"Dentro la Galleria" esposizione d'arte di detenuti a cura dell'associazione Made in Jail dalle ore 10 alle 16. Saremmo lieti della vostra presenza.  

sabato 25 maggio 2013

Futurismo: per una nuova estetica della guerra (contro la Casta Culturale/Mediatica


fonte -Eccolanotizia

CULTURA E SPETTACOLO

Futurismo: per una nuova estetica della guerra (contro la Casta Culturale/Mediatica)

E’ tempo di parole nette, atomiche per il futurismo contemporaneo contro certo andazzo sia degli old media in particolare che – piu in generale – della casta culturale italiana. Il mondo ruota veloce, noi futuristi siamo nuovamente sul promontorio dei secoli, anzi oltre.. persino nel ciberspazio; almeno dal 2000, ma anche prima nel secondo novecento :
la stagione eroica in pieno negazionismo della vulgata gramsciana ( sia ben chiaro amputando Gramsci che lascia pagine sul futurismo in senso positivo e contrarie rispetto alla sciagurata esegesi glossatoria comunistica) si riassume nella generazione di Enzo Benedetto e Futurismo Oggi (Roma), anche Luigi Tallarico, Gino Agnese, Marzio Pinottini, J. M. Vivenza (Electro-Institute, Grenoble), Giovanni Lista, Francesco Grisi, anche Mario Verdone, fino allo stesso Tullio Crali, Antonio Fiore Ufagrà tutt’oggi protagonista. Negati dalla critica ideolgica erano futuristi figure ben note come Munari, Baj, Schifano, Nespolo, Lodola (e altri) alcuni ancora in primissimo piano.
Poi, nel terzo millennio nascente, chi scrive e Vitaldo Conte – lo stesso Baldo Savonari (ma già attivissimi anche prima), fino a Graziano Cecchini, Antonio Saccoccio e netfuturismo, almeno parzialmente Riccardo Campa, Stefano Vaj e i transumanisti futurologici. Non ultimo altri giovani o meno giovani artisti e ricercatori “militanti”, da M. Hajek a Marcello Francolini, da Sandro Giovannini a Stefano Balice.
Ed esistono ormai diverse prove pubblicistiche, libri piu o meno programmatici (noi, Conte e Campa ne abbiamo scritti e-o curati diversi, anche per l’editoria nazionale storica, non solo underground), case editrici (a cura di Saccoccio e altri); decine e decine di nuove cosiddette serate futuriste o azioni performative, ecc. tra letteratura, saggistica, video e net art, antimostre.., anche convegni ufficiali, centenari non solo celebrativi ma viventi del futurismo finiti sulla Rai nazionale, sinergie internazionali.
Tuttavia certa casta culturale e mediatica continua a distillare le notizie con il contagocce, quando non arriva pure a vere proprie censure e rimozioni significative. Evidentemente è necessaria anche una nuova guerra futurista, anzi ecofuturista ora visto il mero bersaglio meramente simbolico, ma laddove le parole sono fatti tornano ad essere spada e dinamite o droni intelligenti…
La colpa è anche dell’area futurista nuova: tranne pochissime eccezioni siamo troppo lenti rispetto alla velocità dell’informazione attuale (e del mondo); non ultimo certa stessa area critica pur fondamentale per certo revisionismo (progressista!) attuale, prossima da anni alla casta stessa culturale italiana, pare quasi tramautizzata dalla presenza di nuovi futuristi assolutamente viventi e produttivi: anziché cavalcare il fenomeno lo edulcarono o lo ignorano quasi, in regressione anche neoaccademica.
Infine, lasciati nel focus per ultimi, ci son sempre i pennivendoli nazionali, vera casta ancor peggio degli addetti ai lavori: valga per tutto (vedi link attualissimo) come esempio modulabile che cosa ha scritto lo stesso O. Beha in merito alla dignità conoscitiva e professionale della stampa italiana globale (eccezioni? Certamente ma qualche rondine non fa primavera… come la stagione stessa 2013, la più piovosa da 200 anni esemplifica anche ai più asini…) sull’anniversario del delitto Falcone…
Noi aggiungiamo: per capire tale andazzo a volte meglio capolavori scientifici quali L’Universo senza Stringhe di un ben noto Smolin, quando differenzia fondamentalmente tra scienza normale e scienza “veggente” rivoluzionaria; ovvero noi futuristi siamo nuovamente la prima postavanguardia del nostro tempo rivoluzionaria, neovaloriale, oltre la società postmoderna e liquida che quasi tutti contestano e poi ci sguazzano morbosamente dentro manco fosse una Vasca d’Idromassaggio (secondo noi colma di letame … nudo!). Al passo, come ricette concrete estetico-sociali e-o oltreartistiche, oltre-reali e reteali.. con certa avanguardia delle scienze neoumanistiche (da Julian Huxley a Popper, da Freud a Feyerabend, da Bertrand Russell a H.M. Enzensberger, da Norbert Wiener a Aubrey de Gray) esempi intercambiabili ad personam). E sia ben chiaro, ben ne vengano altre per flotte sinergiche più robuste e sovversive…
Molti giornalisti e addetti ai lavori fanno proprio schifo! Come diceva Marinetti, molti cadaveri esige ancora il progresso. In chiave immaginaria – nel senso qua sopra discusso- resta il nostro programma “militante” principale! E pochi turbamenti: quando i futuristi inneggiavano (più simbolicamente che letteralmente l’intendevano in tal senso già a suo tempo, esattamente come un certo Eraclito, come lo stesso Chaplin nei suoi celebri “comizi” performativi alla vigilia dell’intervento americano liberatore per la seconda guerra mondiale… Una nuova guerra futurista in Italia, simbolica (ribadiamo per le sinapsi di granito), necessaria per l’arte e la società italiane nei prossimi decenni, se non altro per “celebrare” degnamente (quasi tutti -altrove- fissati in ogni o quasi dibattito globale… sulla memoria storica e quasi mai sulla Invenzione del Futuro!) i compleanni imminenti della prima guerra mondiale (l’unica che abbiamo vinto noi italiani, guarda guarda contro i tedeschi…) e la rivoluzione d’Ottobre…

Roby Guerra

mercoledì 22 maggio 2013

Dream

Francesca Barbi Marinetti.

Intervista a Miroslava Hajek, artista a 360 gradi


Intervista a Miroslava Hajek, artista a 360 gradi

D:Il convegno futuristico di Roma, impressioni in libertà?
R: Ripensando con una certa distanza temporale al convegno “Eredità e attualità del Futurismo” svoltosi nel centro culturale Elsa Morante a Roma, bisogna riconoscere ad Antonio Saccoccio ed a Giancarlo Carpi, curatori del convegno, che sono riusciti ad intaccare la sbalorditiva quantità di inesattezze, diventate poi luoghi comuni, che circolano sul futurismo.

Principalmente intendo quella etichetta storicamente inesatta ed autolesionista che gli Italiani da soli hanno diffuso dappertutto dopo la seconda guerra mondiale, ovvero: “Futurismo uguale fascismo”. Forse tuttora la storia dell’arte viene manipolata e distorta innanzitutto da interessi politici e commerciali.
Per esempio, infatti, Giulio Carlo Argan, ribadendo il ruolo centrale del Cubismo per le pratiche artistiche coeve e successive, contribuisce a generare un complesso di inferiorità culturale italiano di cui oggi, guardando indietro, non comprendiamo bene né il perché né a quale obiettivo dovesse servire. Dopo più di un secolo è chiaramente evidente che Il Cubismo francese tenta semplicemente di costruire uno spazio nuovo principalmente scomponendo lo spazio prospettico rinascimentale. Il Futurismo italiano, invece, pone le basi per un concetto di arte completamente rivoluzionario, che non si limiti solo a pittura e scultura. Il Futurismo riesce ad avviare un processo di rinnovamento culturale, non solo introducendo il tema del movimento, l’idea della simultaneità spazio-temporale ed il dinamismo plastico, ma anche mostrando la possibilità di creare arte tramite l’uso di materiali inconsueti, di tecnologie sempre più all’avanguardia ed inedite e cercando nell’opera d’arte il coinvolgimento di tutti i sensi, fino ad arrivare al concetto di arte totale. Queste innovazioni si sono diffuse in tutto il mondo e sono tuttora un valido strumento di ispirazione. Al riguardo ricordo una lettera di Fortunato Depero, scritta negli anni trenta, nella quale lamentava che tutto il mondo ormai si ispirava alle idee futuriste mentre i Futuristi, nella propria patria, venivano trascurati e marginalizzati. Anche Munari ha sempre lamentato che il loro movimento non era tenuto in grande considerazione da parte della cultura ufficiale fascista. Cosa per dipiù confermata dal piccolo numero di mostre di artisti Futuristi realizzate in quegli anni.
D: Munari è tra i suoi focus d’indagine privilegiati: un futurista pre internet doc, in certo senso misconosciuto
R: Esatto. Munari è stato ignorato come artista praticamente tutta la sua vita. Forse uno dei motivi è che ha sempre contestato un certo sistema dell’arte, che tende a svalorizzare l’inventiva. Malgrado ciò è diventato un mito anche se, purtroppo, bisogna rilevare l’assurdità della situazione attuale dove il suo pensiero, lui che lottava contro gli stereotipi e le ovvietà che bloccano la creatività e l’intelligenza, oggi è vittima di interpretazioni che banalizzano la sua opera e le sue ricerche.
Una presenza molto importante in tutta la sua l’attività, non parlo solo di quella artistica, è l’uso del paradosso. Munari ne utilizza gli effetti per scardinare stereotipi banali e per cercare, contemporaneamente, di stimolare l’elasticità mentale dell’uomo. In modalità visiva, lo usa per far convivere forme geometriche assieme a forme organiche.
Nei suoi intenti, inoltre, si stava cristallizzando sempre di più l’idea di un’arte totale, anche quella esplorata contemporaneamente nei propri opposti: oggettuale e virtuale. Riusciva però, allo stesso tempo, a sdrammatizzare questo oneroso impegno proprio con l’uso, tra l’altro, di vari paradossi. Mi ricordo ancora, con piacere, quella che Munari chiamava “scultura per tutti i sensi”, che aveva da sempre nel suo studio. Una sfera, colorata, profumata morbida ed elastica, che per di più produceva dei suoni, praticamente un gioco e sappiamo come per Munari il gioco fosse una cosa seria.
Contemporaneamente a queste ricerche cominciava a elaborare il concetto di arte come spazio del quale lo spettatore inevitabilmente fa parte, entrando al suo interno, condizionandolo e rendendolo mutevole e sempre diverso. Mi diceva spesso: “cerco di creare delle opere senza limiti spaziotemporali dove le immagini si formano e si disfano e non ha importanza che ci sia il corpo, ma che entrino nella memoria come un vissuto emozionale”. Le evoluzioni del movimento illusorio nelle “Proiezioni a luce polarizzata” servono per dare l’idea della profondità di uno spazio infinito in continua trasformazione. Dobbiamo anche mettere in risalto il fatto che nelle proiezioni a luce polarizzata il movimento illusorio crea anche volumi e spazi virtuali che si percepiscono visualizzando quello che si potrebbe chiamare uno “spazio parallelo”. In questo lavoro, Munari anticipa per lo meno di mezzo secolo le problematiche visive attuali.
D:Tra i suoi libri una analisi verso la nascente “poetica” dell’automa, dei robot, del cyborg, come metafora o immaginario del corpo homo sapiens in mutazione? Mutazione simbolica o forse “bio-organica”
R: Nel suo Manifesto del macchinismo del 1938 Munari scrive: “Gli artisti devono interessarsi delle macchine, abbandonare i romantici pennelli, la polverosa tavolozza, la tela e il telaio; devono cominciare a conoscere l’anatomia meccanica, il linguaggio meccanico, capire la natura delle macchine, distrarle facendole funzionare in modo irregolare, creare opere d’arte con le stesse macchine, con i loro stessi mezzi”. Come già nei disegni antropomorfi o zoomorfi precedenti riesce anche in queste opere a gestire la apparente contraddizione tra forme astratte e figurative, ibridate assieme ad un meccanismo, arrivando ad un risultato che dà l’idea di un essere vivente addomesticato.
D: L’uomo e la macchina… e la Donna?
Munari rispettava ogni essere vivente e non. Come nell’arte non faceva distinzioni tra arte astratta e figurativa così non aveva preconcetti rispetto alle donne. Coltivava l’amicizia di artiste donne ammirandone ed apprezzandone lavoro. Per esempio aveva grande considerazione per il lavoro di Sonia Terk Delaunay e Sophie Taeuber-Arp, era molto amico di Regina e di Meret Oppenheim e perfino per l’elaborazione storico critica del suo lavoro ha scelto me, una donna, oltretutto non italiana.
 fonte eccolanotizia.
(R.G.)