domenica 10 giugno 2012

UN FUTURISTA ROSSOTREVI


Articolo di Giorgio Pisano, pagina 9 de L’Unione Sarda, 20 aprile 2008


UN FUTURISTA ROSSOTREVI

Graziano Cecchini, un incursore nel mondo dell’arte

Ha faccia da onorevole e il tratto casual di un over cinquanta che indossa con spavalderia il giubbotto con lo stemma delle Frecce tricolori. Occhiali di ispirato design craxiano, orologio esagerato, taglia a passo sicuro piazza Castello a Torino e subito lo blocca un giornalista. <<Scusi, Rai tre, Tgr Piemonte>>.
 
Lo ha sicuramente scambiato per qualcuno che deve tenere un comizio di lì a poco ma Graziano Cecchininon fa una piega. <<Un’intervista? Come no>>. Gli chiedono se può illustrare il suo programma e lui, serissimo: <<Sono per gli uomini liberi, tutto qui, non c’è altro da aggiungere>>. Pochino per il giornalista Raiche allora cerca di salvarsi in corner: e del programma degli avversari, che pensa? <<Niente, non leggo programmi politici perché sono tutti uguali>>. Fine di un’imbarazzante intervista.

Cecchini sorride, saluta e tira dritto fino a che, cento metri più avanti, torna alla carica il solito giornalista: scusi, può dirmi il suo nome? La risposta arriva sicura: Salvemini, Gaetano Salvemini. Il giornalista felice e sconosciuto se ne va soddisfatto. Cecchini anche. Chissà se al tiggì della sera apparirà la sua faccia e la scritta in sovrimpressione: Gaetano Salvemini. Senza l’aggiunta che avrebbe doverosamente imposto la Storia: buonanima.
 
Due figlie, romano de Roma, l’uomo che ha fatto rossa la fontana di Trevi vive nel segno della provocazione e dello scontro. Dopo aver tinteggiato l’acqua di uno dei monumenti più celebri al mondo, ha fatto cadere dalla scalinata di Trinità dei Monti (sempre a Roma) una valanga di cinquecentomila palline colorate. Un’idea rubata alla pubblicità, dice chi lo detesta. <<Io l’ho fatto perché a quell’ora il rumore mi ricordava, nella città quasi deserta, le risa fragorose dei bambini che escono da scuola>>. Cinquantaquattro anni, studi (interrotti) al Nautico, ex lavapiatti, ex body guard, ha completato alla grande una sola carriera: nel ristorante dove l’avevano assunto ultimo degli ultimi, si è licenziato dopo anni da direttore. E l’arte? Quella l’ha sempre avuta dentro, come un piccolo sisma gastrico, una marcia su Roma e dintorni che prima o poi doveva esplodere.

Gli siede accanto, assistente silenzioso, Luca Castellano, responsabile del suo sito. Cioè l’autore di una cronaca magistrale sulla primissima incursione del maestro: c’era un uomo sulla fontana, che indossava un cappellino e degli occhiali scuri. Aveva le braccia perpendicolari al resto del corpo, piegate a sollevare una busta. Che era bianca. Trasparente da far intravedere del rosso, dentro. L’uomo era Graziano Cecchini, e nella busta c’era il suo rossotrevi.

Il giorno, per stare stretti alla cronaca, era il 19 di ottobre 2007. Ore, pre stare giusti sul tempo, 16,30. L’idea iniziale del sabotaggio era quella di far saltare la luce mentre a Roma, da tutt’altra parte, Uòlter Veltroni celebrava la festa del Cinema, un affare da quindici milioni di euro. Ripiegare su Trevi non è stata una Caporetto strategica, semmai un blitz premeditato dopo l’acquisto di due litri e mezzo di concentrato di tempera. Doveva essere, nelle intenzioni dell’artista, un segnale dello stesso colore del sangue, forte fino a sembrare urlo. A seguire, l’arresto, un giorno in galera e un lampo di notorietà.
S’è fatto ricco?
<<Lo sono stato, in passato. Ma ho scelto di uscire dal tritacarne dove tentano di infilarci tutti. Cercare la libertà ha fatto naufragare il mio matrimonio. In compenso continuo a inseguire il mio sogno: voglio fare la manovella. Del tritacarne, s’intende>>.
La militanza a destra rientra in questo progetto?
<<Non milito, militavo. Non ci sono più uomini di destra>>.
Dunque lei resta un fascista solitario.
<<Non sono fascista, almeno per come si intende di questi tempi. Ho contribuito a far nascere Forza Nuova perché me lo aveva chiesto un amico carissimo mentre moriva>>.
La definizione di post-futurista è corretta?
<<Non sono post e neppure neo. Futurista e basta. Punto indegnamente a superare ciò che sosteneva Filippo Tommaso Marinetti con l’ideologia e Giacomo Balla con l’arte. Poi, che dire? Durante un convegno, Vittorio Sgarbi mi ha introdotto in maniera esaltante: signori, vi presento l’erede dei futuristi>>.
Che fa a Torino?
<<Studio, per conto del mio mecenate, qualcosa che finirà sul desktop dei computer>>.
Chi è il suo mecenate?
<<Un imprenditore torinese, proprietario di un piccolo giornale locale. E’ lui che finora ha finanziato i miei arrembaggi. Cerco nuovi sponsor perché i frulla una certa idea in testa>>.
Sentiamo.
<<Non sentiamo niente, vedrete. Ho quattro amici che conoscono in anticipo i progetti, ma nessuno, proprio nessuno, conosce le ultime tre pagine, quelle definitive e conclusive, della mia vita d’artista>>.
Com’è nata l’idea di colorare la fontana di Trevi?
<<Abito con mia madre in una casa popolare. Volevo gridare il mio no a una spreco così imponente di denaro pubblico. Ho scelto il rosso perché rosso è il colore dell’emergenza, del lavoro che non c’è, dei morti per mancanza di sicurezza, di un mondo in affanno permanente. Ho scelto Trevi perché è a mezza strada tra Montecitorio e Quirinale>>.
Ce l’ha fatta per un soffio.
<<Macché. Roma città sicura è uno slogan fasullo del prefetto. Puoi fare quello che vuoi dove vuoi: io sono la prova vivente. Vorrei avere un centesimo per ogni reperto antico che rubano quotidianamente ai fori imperiali>>.
Poi c’è stato il bis a Trinità dei Monti.
<<Già, pensavano fosse tutto finito. Pensavano di essere ormai tranquilli, il matto aveva colpito senza fare troppi danni e credevano di poter riprendere sonni quieti>>.
Ci mancherebbe.
<<Sia chiara una cosa: fin dal primo momento, la mia unica preoccupazione è stata quella di non danneggiare i monumenti. Così, ho comprato mezzo milione di palline colorate da far precipitare lungo la scalinata di Piazza di Spagna. Bella provocazione, bella opera d’arte, neanche un graffio alla pietra. Il costo? Venticinquemila euro in tutto. Lavoro in economia, io>>.
Settore visionari, giusto.
<<Hanno parlato a sproposito di pop art. La mia non è arte destinata al popolo ma arte che nasce dal popolo. Dal rossotrevi alla quadricromia delle palline: volevo sperimentare e dimostrare la dinamica del movimento e le suggestioni del colore>>.
Conclusione, manette.
<<Divertente il reato contestato: interruzione di pubblico servizio. Che, come tutti sanno, in un’isola pedonale, non esiste. Resto quello che sono>>.
Ovvero?
<<L’inventore dell’hackeraggio mediatico. Di quel che ho fatto hanno scritto pure i giornali della Papuasia. Effetto non previsto, sono stato subito licenziato dal consigliere comunale di An per il quale lavoravo come segretario>>.
Vergogna nazionale.
<<Anche peggio, se è per questo. Siamo un popolo di ignavi, odiosi a Dio e agl’inimici suoi, direbbe Dante. A Firenze, dove sono andato per la vicenda del tram da far passare dal Battistero, mi hanno multato perché ho rotto il silenzio del referendum indetto dal Comune>>.
E allora?
<<Allora, come ho spiegato a un’intervista alla Bbbc, non è con queste ridicolaggini che si può fermare l’azione di un artista in un?italia collassata. Io, per dire, n on vendo i miei quadri e vado in tivù gratis>>.
Cosa vuol dire?
<<I miei quadri, che fino a un anno fa non valevano nulla, adesso sono quotati anche ventimila euro. Me li tengo. Sono cosciente della mia forza: quindi sarò io a decidere quando e quanto. Ne approfitto per dire ai giovani che hanno idee: non svendetevi per disperazione al primo che passa, siate consapevoli del vostro valore e fate voi il prezzo, ma solo quando voi siete certi di spuntare quello più alto>>.
In televisione invece?
<<Da quando ho combinato tutto quel fracasso, mi invitano continuamente. Sono diventato all’improvviso un personaggio curioso, interessante, intelligente, faccio share insomma. Mi offrono un gettone di presenza e io mi levo lo sfizio di andarci gratis, in tivù. Se mi dovessero pagare per quel che valgo in questo momento, di gettoni ce ne vorrebbero una montagna>>.
Perché l’arte, la sua arte, ha bisogno di fare rumore?
<<Altrimenti non sentono, troppi hanno le orecchie tappate e gli occhi chiusi. Ho fatto la mia prima mostra a 18 anni, reinterpretavo De Chirico. Cosa sono queste brutture?, s’è chiesto un critico guardando i miei quadri. Gli ho dato un pugno, levato le tele dalle pareti e me ne sono andato>>.
La domanda era un’altra.
<<Un attimo e ci arriviamo. Da scuola sono stato cacciato perché avevo organizzato una sommossa. Ho fatto il militare e stavo sempre punito. Proprio allora ho capito che non c’era verso: dovevo star solo davanti alla vita. Ho letto, da autodidatta, millecinquecento libri d’arte>>.
Fino ad arrivare a Trevi.
<<Esatto. La regola, in fondo, è una sola: innanzitutto avere l’idea, avvertire un po’ di giornalisti e metterla in atto. Il botto è sicuro>>.
Ha già messo il concetto per iscritto.
<<Sto proponendo sul mio sito il Manifesto del nuovo futurismo. Oggi innovazione non è il motore a scoppio che stupiva e sorprendeva Balla, innovazione è il gigabyte. E io, attorno al gigabyte, lavoro>>.
Gillo Dorfles, critico autorevolissimo, sostiene che l’arte moderna è incomprensibile.
<<Ha ragione. Però dimentica di dire che nell’arte si può fare tutto, ma proprio tutto, a patto che si sappia perché lo si fa>>.
Italia, artisti di regime.
<<Piccola premessa: dove sono gli artisti? E’ artista Maurizio Cattelan perché appende pupazzi agli alberi di Milano? Ho citato il nme più conosciuto per dire che scambiamo per artisti signori che frequentano senza sosta salotti e discoteche, radio e studi televisivi>>.
Invece?
<<L’artista è altro. Deve, sopra ogni cosa, restare immerso nella società, non perderla mai di vista. A Venezia la direttrice di Palazzo Grassi ha dichiarato che in Italia non c’è più una leadership artistica. Sa che vuol dire?>>
No.
<<Vuol dire che non contiamo più nulla, che siamo in mano al conformismo, a una burocrazia artistica grigia e senza sogni. Restiamo tutti estasiati nel guardare l’avveniristico hotel di Dubai, che sembra fatto di vele gigantesche. Nessuno ha mai dato un’occhiata ai lavori di Enrico Prampolini? Quelle vele sono state disegnate mezzo secolo fa>>.
Molti hanno considerato la sua opera una pagliacciata.
<<Achille Bonito Oliva, padre della transavanguardia, mi ha liquidato dicendo che il futurismo è roba di cent’anni fa. Vendetta trasversale anti-Sgarbi, che ha la colpa di stimarmi. Che pena, un borghesuccio piccolo piccolo questo Bonito Oliva>>.
La Chiesa condiziona lo sviluppo dell’arte?
<<In misura molto pesante. L’ultimo Papa che riconosco è Giulio II. Senza di lui non ci sarebbe stato il Rinascimento. Su tutti quelli che seguono meglio tacere>>.
Esiste una mafietta dell’arte in Italia?
<<Chissà. Il mercato mi dovrebbe essere comunque riconoscente: grazie a me, le quotazioni dei futuristi sono salite del 20 per cento. Vuoi vedere che adesso, incontrandomi per strada, i galleristi trandy non avranno più la puzza sotto il naso?>>
Ce l’ha un difetto?
<<Due. Sono arrogante e presuntuoso: mi serve per andare avanti. Il che, rovesciando la domanda, è un pregio. Sono stufo di stare in una vasca di pesiolini rossi dove tutti ti mordicchiano credendosi squali>>.
La prossima incursione?
<<Un’ideuzza c’è e riguarda l’apertura dei giochi olimpici a Pechino. Aspetto di sapere quale sarà la posizione del nostro nuovo premier nei confronti della Cina. Subito dopo mi muoverò. Come sempre contro i governi, mai contro i popoli>>.
pisano@unionesarda.it
 
immagine: Macchie di vernice

Nessun commento:

Posta un commento

noi cani senza lacci ne padroni