giovedì 14 giugno 2012

dalle mie prigioni


ANNO C, X di aprile
 
Sulla punta del naso, un paio di occhialetti da presbite. Li indossa quando scrive, Gianni, un giornalista de L’Unione Sarda che ha la pelle color cannonau. Te ne accorgi subito che è sardo, prima ancora che parli, di quei sardi dall’intelligenza cocciuta. Te ne accorgi subito che è sardo, e che è un bravo giornalista. Di quelli che oggi li mettono a pulire i cessi, nelle redazioni.
Dalla borsa non tira fuori nessun taccuino radical-chic. Si arrotola sugli avambracci le maniche della camicia, un mesale non dei più eleganti. Non ha neanche un registratore con sé: Gianni, le interviste, le scrive a mano. Fa scorrere una bic blu su un foglio A4, dove rimangono impressi segni di una calligrafia stretta, sottile, e veloce.
Gianni ascolta Graziano anche se ha gli occhi che si posano sul tavolino del bar. Gianni riesce addirittura a incanalare le parole di Graziano nell’architettura della sua intervista. Il suo stare al mondo, il modo con cui occupa lo spazio mi ricorda Berlinguer.
Grazià, com’è che oggi non ti riesce di fare il Dottor Divago? penso. 
 
TGR Piemonte
Dura parecchio l’intervista: all’uscita del caffè letterario, Graziano ha bisogno della sua dose di nicotina. Perciò, quando salutiamoGianni e il fotografo che lo accompagna, prendiamo a camminare sotto i portici di Piazza san Carlo. In tondo, come fossimo mezzofondisti su una pista di atletica. A ogni giro completato Graziano festeggia con una sigaretta. Stiamo finalmente per uscire dalla pista quando ci ferma una troupe della Rai.
 
- Rai tre, Tgr Piemonte. 
 
Il giornalista tende la mano a Graziano, lentamente, come bloccato da imberbe timidezza. Il cameramancarica la telecamera sulla sua spalla destra e, con l’altra mano, passa un microfono al collega.
 
- Ci può illustrare il suo programma politico? - chiede il giornalista a Graziano.
- Sono per gli uomini liberi
- Ma come giudica il programma politico dei suoi avversari?
- Non leggo mai programmi politici ché sono tutti uguali.

 
L’imberbe giornalista tenta con qualche altra domanda, aiutato dai volenterosi suggerimenti del cameraman. Ma Graziano non risponde da politico
 
- A Grazià - faccio io - ma per chi t’hanno pigliato?
 
Sbatto i tacchi e tendo il braccio.
 
- Ave, Grazià, sommo dux.
 
Graziano sgrana gli occhi alla Totò, e ride. Io, allora, mi avvicino al giornalista e gli sussurro in un orecchio.
 
- Non è un politico: è uno studioso, un famoso meridionalista.
- E che ci fa qui a Torino un meridionalista?
- Studia l’interazione e l’integrazione tra i popoli.

 
L’imberbe giornalista arrossisce leggermente. Poi tende, di nuovo, la sua mano verso quella di Graziano.
 
Mi scusi, devo essermi confuso. Lei assomiglia a... e, invece, solo ora la riconosco: lei è, lei è... quel famoso meridionalista...
- Salvemini, Gaetano Salvemini - dice, riuscendo a non ridere, Graziano.

di luca castellano. (grazianocecchini)

immagine: Macchie di vernice

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