sabato 31 marzo 2012
venerdì 30 marzo 2012
Il Senio mormora: Nude per il cartoccio
Il Senio mormora: Nude per il cartoccio: Nella capitale francese modelle e modelli hanno manifestato ieri senza veli, davanti all'assessorato alla cultura. Le modelle mettono i lor...
Io sono io e voi non siete… ehm…
Io sono io e voi non siete… ehm…
Io, io, io… io sono un sacco di cose e ci tengo a dirlo, ma soprattutto a cacciarlo in copertina. Eccheccazzo!
Io sono Dio, sono un gatto, sono di legno – non fate la battuta della fi*a di legno! –, sono il mercato, sono febbraio, sono leggenda e sono pure un sacco di gente famosa! Ozzy, Diabolik, Achille, Maradona…
Io sono un sacco di cose e persone, sono tutta ‘sta roba in oltre cinquecento titoli, magari è il caso di limitare l’ego.
Tu sei – con tutto il rispetto – molte meno cose, persone e titoli onorifici.Circa centosessanta titoli, mica ti puoi lamentare d’essere poi così poco, eh?
Tu sei il male – recensito a dovere in tutti i suoi malanni –, sei il mondo, sei bellezza, sei speciale, sei il mio mondo, sei unico e irripetibile. Contento? Ma se quel “Io sono Dio” ti ha pugnalato al cuore l’autostima, sappi che anche tu non te la cavi male: “Tu sei Dio”, già, sì, anche tu. Stai meglio adesso?
Tu sei il male – recensito a dovere in tutti i suoi malanni –, sei il mondo, sei bellezza, sei speciale, sei il mio mondo, sei unico e irripetibile. Contento? Ma se quel “Io sono Dio” ti ha pugnalato al cuore l’autostima, sappi che anche tu non te la cavi male: “Tu sei Dio”, già, sì, anche tu. Stai meglio adesso?
E lui? Lui molto meno, egli un po’ di più – tutta roba spirituale –, noi siamo un po’ meglio, voi siete qualcosina – anche un libro dedicato a Jovanotti, contenti eh? –, essi non sono proprio un razzo, ma loro sì. Beh, ecco, se si accontentano.
http://gaialodovica.wordpress.com/2012/03/30/io-sono-io-e-voi-non-siete-ehm/
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giovedì 29 marzo 2012
mercoledì 28 marzo 2012
nel bilancio scrivete anche questo. cari professori.
Bologna: artigiano si dà fuoco davanti l'agenzia delle entrate, troppi debiti tributari
Pubblicato da Germano Milite il Mercoledì, 28 Marzo 2012 in Cronaca e Attualità
Qualche settimana fa, Giorgio Stracquadanio, sosteneva smargiasso che “In Italia ci sono ancora tantissimi obesi e quindi significa che la maggioranza delle persone ancora non muore di fame”. Una considerazione degna di un Nobel, senza dubbio.
Oggi, a Bologna, un uomo si è dato fuoco davanti all’agenzia delle entrate. 58 anni, artigiano edile, schiacciato dalla cosiddetta “crisi” e da debiti fiscali che lo hanno portato a compiere il tentato suicidio. Prima di darsi fuoco all’interno della sua auto, il 58enne aveva scritto tre lettere, una delle quali indirizzata proprio alla commissione tributaria.
Nella missiva, come conferma anche l’Ansa, l’uomo si scusa per i debiti maturati e sostiene di aver pagato le tasse. Quando è uscito fuori dall’auto avvolto dalle fiamme, uno straniero ha tentato di salvarlo e gli altri passanti hanno avvertito la polizia municipale che si trovava in servizio nei paraggi, per questioni di mobilità urbana.
L’artigiano è ora ricoverato, in condizioni gravissime, all’ospedale grandi ustionati di Parma. La storia di questo lavoratore è simile a quella di molti altri che, partiti dal Sud per cercare miglior fortuna (il signore in questione è originario di Caserta), si sono poi stabiliti in via definitiva nelle più ricche città settentrionali.
Il difficile momento economico globale, però, ha colpito con enorme violenza proprio chi in passato riusciva a vivere dignitosamente da immigrato. Come racconta all’Ansa Ermanno Merli, responsabile Cna di Ozzano Emilia, comune della Provincia di Bologna, i problemi di gestione dei debiti coinvolgono “tutto il settore da un anno e mezzo. Sono molte le imprese fallite nel nostro territorio. Molte anche le persone che erano venute qui a lavorare e sono dovute ritornare al sud”.
E chissà quanti altri piccoli e medi imprenditori, se non hanno pensato di darsi fuoco, si sono sicuramente lasciati sfuggire qualche lacrima quando hanno dovuto versare tasse come l’IRAP. Proprio ieri Mario Draghi avvertiva severo i Greci: “Preparatevi a rinunciare al benessere”. E mentre fette sempre più ampie della popolazione un tempo ricca o almeno benestante sono ridotte in miseria, il reddito dei 10 uomini più ricchi del pianeta supera l’ammontare del reddito del resto degli abitanti del pianeta. Le sei banche più potenti delle terra, controllano il mercato finanziario e decidono che, per ottenere un mutuo da 180.000 euro, uno stipendio da 1600 euro netti non basta.
Solo che alla fine gli "esperti" e i "tecnici" ci dicono che va bene così: che il raggiungimento di questo mitologico "pareggio di bilancio" è una priorità da inserire in costituzione, anche a costo di abolire qualche diritto evidentemente superfluo del lavoratore. Il dramma ad avviso dello scrivente sapete qual è? Che chi doveva arricchirsi schifosamente ci è abbondamente riuscito ed in più controlla i bottoni nelle stanze del potere. Non si tratta di bieco e paranoico complottismo ma di verità. Chi guadagna 30.000 euro l'ora non ha paura che l'economia fallisca perché ha accumulato ricchezza infinita. Chi guadagna 30.000 l'ora non potrà mai capire come mai un uomo si dà fuoco per non aver pagato tutti i tributi. Chi guadagna 30.000 euro l'ora non potrà mai capire un uomo. Punto.
Appia Verde. Quando si muovono gli amici del Fondo…
il Fondo
magazine di Miro Renzaglia
Appia Verde. Quando si muovono gli amici del Fondo…
BY
MIRO
– 26 MAR '12POSTED IN: SOCIETÀ & COSTUME
Nouvelle cousine, cucina molecolare, pasticci e non di lasagne fatte in casa. Ristoranti alla moda dove si mangia poco e si spende tanto. La carotina alla julienne sopra un letto di ghiaccio tritato. Liquido rosso rubino nei bicchieri di cristallo, tovagliato di finto lino e con altrettanto finto ricamo. Piatti da portata trasparenti come il loro contenuto che, prepotentemente, tentavano di insinuarsi nella nostra mente. Non ho mai capito questa fredda scenografia.
Scaffali di prodotti sistemati , nei supermercati, come una bella donna che sotto la chirurgia estetica nasconde il non-gusto. Prodotti di tutte le marche. Montagne di pacchi. Hanno tentato di indurci a pensare che la quantità sia necessaria per aver un posto in prima fila nell’immenso teatro che si chiama Mondo. E ci siamo cascati, tutti. Chi almeno una volta nella vita non si è mai messo in fila, col carrello pieno di roba inutile, alla cassa del supermercato? Una moda, un modus vivendi, ma anche una necessità. La guerra, la fame, il suo ricordo l’abbiamo ancora vivo. Il frigo pieno, la dispensa traboccante, il fine ultimo di questa società fin troppo abituata alla quantità. Come tanti piccoli Mastro Don Gesualdo cresciamo sotto la cappa soffocante del mito della roba. Più hai, più vali!
Quante volte ci siamo soffermati a pensare cosa vi è dietro un pomodoro?
Dietro un pomodoro vi è sempre un uomo che insieme a tanti altri suoi simili semina per poi raccogliere i frutti del proprio lavoro. E se a raccogliere i frutti “economici” del lavoro fossero soltanto le Multinazionali del settore alimentare? Non è la prima volta che lo sosteniamo e, dati alla mani, il pessimo risultato dello sfruttamento del lavoro è sotto gli occhi di tutti. Un sistema economico che dietro le false illusioni di un benessere “globale” tende a piegare la schiena dei lavoratori. Il sistema politico che insieme al sistema economico tesse una maglia fitta d’inganni. L’unica maglia che riconosco è quella del piccolo produttore che non trova aiuti economici per rinnovare la propria terra. Il piccolo produttore che produce qualità.
Segue le fasi della luna per la semina, si sveglia presto al mattino per curare con amore e sacrificio le piantine che, timidamente, fanno “capoc cella” dalla nuda terra. Si sporca le mani, ma mai lo sguardo.
Uno sguardo limpido come acqua di fonte.
Cari lettori, quello che avete appena letto è il pensiero che per tanto tempo ha invaso la mia mente. Un pensiero fisso: l’uomo e la terra. Così, in una tiepida mattina di qualche tempo fa, inciampando lunga la Via Sacra – Appia Antica- ho trovato l’illuminazione. La luce, ma non quella dell’Acea.
Sono caduta, il bianco del pantalone aveva lasciato il posto al colore della terra. Trovai una mano sporca di fango che mi tirò su. Quella mano che lavorava la terra! In quel tratto di Appia Antica il gusto s’incontrerà con l’arte. I frutti della terra si uniranno alla qualità dell’Arte. Novelli scrittori e patate novelle insieme verso un unico comune obiettivo: lasciar traccia nella mente e nel palato!
All’ombra del Mausoleo di Cecilia Metella il “Quo Vadis” s’incarnerà nella cultura delle colture. Due mondi che per tanto, troppo tempo, i poteri forti hanno tentato di tener distanti.
Edamus, bibamus, gaudemus!
Piccoli produttori, dell’agroromano e dell’agropontino, sfateranno il falso mito che per fare cultura sia necessaria la cravatta. Per macinare cultura è anzitutto necessaria la qualità. Proprio come la macina a pietra del grano. Dura, ma unica.
Vini d’eccellenza, prodotti agroalimentari, musica, colore e calore. Questo è il nostro mondo. Siamo pagine di poesia che si distingue per il gusto. La nostra scrivania è una balla di fieno; la nostra penna è l’aratro; i nostri fascicoli sono i mazzetti di agretti appena colti.
Un luogo reale dove nella notte del Solstizio d’Estate una graziosa pulzella, vestita di rosso incontrerà un giovane biondo e gagliardo di virile baldanza. Sarà amore a prima vista tra la fragola di Carchitti ed il Moscato di Terracina.
Notte Verde, ma mai al verde, dove i componimenti musicali si intrecceranno col sapore della tradizione.
Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa, si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia [Manifesto della cucina Futurista].
Sabrina de Gaetano
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Cronaca
Alcoa: fatto l'accordo, l'azienda ritira la mobilità
Fiom: intesa storica, ma partita non è chiusa
28 marzo, 10:27
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Operai bruciano le tessere elettorali durante la manifestazione degli operai dell'Alcoa sotto il ministeroCORRELATI
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ROMA - Accordo raggiunto sulla vertenza Alcoa. Dopo una giornata di negoziati, accompagnati dalle proteste dei lavoratori sardi arrivati a Roma per seguire da vicino la trattativa, si è giunti in nottata al passo indietro dell'azienda, che ha deciso di ritirare la mobilità e di consentire agli operai di restare al lavoro fino alla fine dell'anno. Un'intesa fortemente voluta dal ministro Corrado Passera, che insieme al sottosegretario De Vincenti ha seguito la trattativa nei dettagli fino alla chiusura. E che viene accolta con soddisfazione dai sindacati. Ora la parola passa ai lavoratori, che si riuniranno giovedì per valutare l'accordo. In base all'intesa raggiunta tra Alcoa, sindacati, Regione Sardegna e Provincia del Sulcis-Iglesiente e Governo, l'azienda ha accettato di chiudere la procedura di mobilità e ha acconsentito a mantenere attivo lo stabilimento fino al 31 dicembre 2012, in presenza di manifestazioni di interesse (l'attività cesserà invece il 31 ottobre in assenza di tali manifestazioni). In entrambi i casi, scatterà la cassa integrazione per tutti i dipendenti. Per almeno un anno, inoltre, l'impianto sarà mantenuto in condizioni di efficienza, così da garantire - nel caso del subentro di nuovi azionisti - una pronta ripresa della produzione.
L'accordo prevede inoltre un impegno straordinario del governo per trovare soluzione al problema del costo dell'energia elettrica, oltre a un impegno delle istituzioni regionali e locali a migliorare la dotazione infrastrutturale del territorio. Ma oggi è stata la giornata della protesta degli operai sardi. In circa 350-400 sono arrivati a Roma dalla Sardegna per manifestare contro la chiusura dello stabilimento di Portovesme e hanno presidiato fino a tarda sera il Ministero dello Sviluppo, dove era in corso la trattativa. Durante tutta la giornata la tensione tra gli operai è stata alta, ci sono stati tafferugli con le forze dell'ordine, sono stati accesi fumogeni e petardi ed è stato anche colpito il capogruppo del Pd in Consiglio regionale della Sardegna, Giampaolo Diana. Sotto il ministero un gruppetto ha bruciato tessere elettorali e ha tentato di dare alla fiamme la bandiera italiana. Anche i lavoratori dell'Alcoa rimasti in Sardegna hanno protestato, fermandosi per 4 ore. Solidarietà ai lavoratori è arrivata dai segretari generali di Cgil, Susanna Camusso, e di Cisl, Raffaele Bonanni, da Pd e Idv. Il tavolo, iniziato in mattinata, è stato aperto dal ministro Passera, che ha assicurato "il massimo" impegno, "mio personale" e "del governo", per "facilitare le trattative": tuttavia, ha aggiunto, "tutti sappiamo bene che non è garantito il risultato, perché ci muoviamo in un settore molto difficile". Il tavolo è andato avanti tra pause e riunioni ristrette fino a tarda notte, con una sospensione intorno alle 18 per permettere all'azienda di valutare la proposta congiunta di governo e istituzioni locali. Il nodo su cui per ore si è incagliata la trattativa era la data di chiusura dell'impianto: governo, lavoratori e istituzioni locali erano contrari a uno spegnimento prima della fine dell'anno, mentre la multinazionale statunitense dell'alluminio, lamentando alti costi di produzione, avrebbe voluto andare via prima dello scadere del 2012. Soddisfatti i sindacati. La Fiom parla di intesa sofferta, che non scongiura l'abbandono del sito, ma pone le basi per il proseguimento della produzione di alluminio primario in Italia. La Uilm esprime soddisfazione, spiegando che ora la parola passa ai lavoratori. La Fim avverte che la partita non è chiusa e che ora bisogna costruire le condizioni di competitività per la cessione e la continuità industriale. Intanto le manifestazioni d'interesse finora arrivate per lo stabilimento sarebbero quattro o cinque: oltre alle svizzere Glencore e Klesch e l'austro-tedesca Hammerer Aluminium Industries, in questi giorni ne sarebbe arrivata un'altra, da un fondo finanziario statunitense. Ma solo una tra queste risulterebbe essere una proposta solida.
L'accordo prevede inoltre un impegno straordinario del governo per trovare soluzione al problema del costo dell'energia elettrica, oltre a un impegno delle istituzioni regionali e locali a migliorare la dotazione infrastrutturale del territorio. Ma oggi è stata la giornata della protesta degli operai sardi. In circa 350-400 sono arrivati a Roma dalla Sardegna per manifestare contro la chiusura dello stabilimento di Portovesme e hanno presidiato fino a tarda sera il Ministero dello Sviluppo, dove era in corso la trattativa. Durante tutta la giornata la tensione tra gli operai è stata alta, ci sono stati tafferugli con le forze dell'ordine, sono stati accesi fumogeni e petardi ed è stato anche colpito il capogruppo del Pd in Consiglio regionale della Sardegna, Giampaolo Diana. Sotto il ministero un gruppetto ha bruciato tessere elettorali e ha tentato di dare alla fiamme la bandiera italiana. Anche i lavoratori dell'Alcoa rimasti in Sardegna hanno protestato, fermandosi per 4 ore. Solidarietà ai lavoratori è arrivata dai segretari generali di Cgil, Susanna Camusso, e di Cisl, Raffaele Bonanni, da Pd e Idv. Il tavolo, iniziato in mattinata, è stato aperto dal ministro Passera, che ha assicurato "il massimo" impegno, "mio personale" e "del governo", per "facilitare le trattative": tuttavia, ha aggiunto, "tutti sappiamo bene che non è garantito il risultato, perché ci muoviamo in un settore molto difficile". Il tavolo è andato avanti tra pause e riunioni ristrette fino a tarda notte, con una sospensione intorno alle 18 per permettere all'azienda di valutare la proposta congiunta di governo e istituzioni locali. Il nodo su cui per ore si è incagliata la trattativa era la data di chiusura dell'impianto: governo, lavoratori e istituzioni locali erano contrari a uno spegnimento prima della fine dell'anno, mentre la multinazionale statunitense dell'alluminio, lamentando alti costi di produzione, avrebbe voluto andare via prima dello scadere del 2012. Soddisfatti i sindacati. La Fiom parla di intesa sofferta, che non scongiura l'abbandono del sito, ma pone le basi per il proseguimento della produzione di alluminio primario in Italia. La Uilm esprime soddisfazione, spiegando che ora la parola passa ai lavoratori. La Fim avverte che la partita non è chiusa e che ora bisogna costruire le condizioni di competitività per la cessione e la continuità industriale. Intanto le manifestazioni d'interesse finora arrivate per lo stabilimento sarebbero quattro o cinque: oltre alle svizzere Glencore e Klesch e l'austro-tedesca Hammerer Aluminium Industries, in questi giorni ne sarebbe arrivata un'altra, da un fondo finanziario statunitense. Ma solo una tra queste risulterebbe essere una proposta solida.
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