domenica 4 maggio 2014
sabato 3 maggio 2014
Paolo Anselmo. Mediterraneo Pottery Music Live Tour 2014”,
GALLERIA ARIANNA SARTORI - VIA CAPPELLO
Via Cappello 17
Map data ©2014 Google
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La Galleria Arianna Sartori di Mantova presenta nuovamente l’artista Paolo Anselmo con l’inaugurazione della inedita mostra personale “Mediterraneo Pottery Music Live Tour 2014”, Sabato 3 maggio alle ore 17.30.
L’esposizione, a cura di Arianna Sartori, resterà aperta al pubblico fino al 15 maggio 2014.
“L’inizio del XXI secolo verrà un giorno ricordato come “Gli anni della miseria” a conclusione del trentennio inventato da un attore americano diventato presidente, il quale trentennio passerà probabilmente alla storia come “ciclo del trash”.
11.09.2001 si celebra la miseria del gesto umano con il crimine delle Torri Gemelle a New York. La Biennale veneziana allora curata da Harald Zseemann è eccellente perché riesce già nel mese di giugno a prevedere il disastro di settembre. Poi la Biennale si adatta e le edizioni 2003/5/7 celebrano la miseria del gesto intellettuale, che sarebbe poi il pensiero vuoto quando viene tradotto in azione inutile. In fine Wall Street nel 2008 celebra la miseria della finanza e la distribuisce su tutto il globo terrestre.
Sicché la Biennale di Venezia edizione 2009 celebra, nel vuoto di pensiero totale, con l’automatismo geniale tipico degli imbecilli etimologici, il vuoto definitivo d’un mondo chic che non sa più che cosa dire al mondo check.
E il mondo choc? Il mondo choc, che sarebbe quello dell’arte che continua imperterrita ad affermare la propria vitalità, sta scoprendo una sua strada nuova.
Dalla miseria politica come da quella finanziaria si esce dando potere all’immaginazione, da quella intellettuale dando potere all’intelligenza.
Dalla miseria artistica si esce dando tutto il potere alla fantasia. Un esperimento degno d’attenzione è in corso qui, a Savona, dove la fantasia artistica prende oggi due strade altrettanto radicali.
La prima consiste in una rifondazione dei termini utilizzati: se a Venezia la mostra curata dallo svedese di Francoforte si trova a premiare come migliore artista il tedesco che ha progettato il bar, lo si capisce in quanto per i popoli germanici e scandinavi il vero luogo della creatività è sempre stata la birreria. In Italia la questione è diversa: qui sul mediterraneo le arti plastiche si sono da sempre articolate in architettura, scultura e pittura, dai dibattiti socratici fino alle diatribe rinascimentali. Rifondare il linguaggio vuol dire oggi ridare senso semantico a questi termini. Ovviamente provando strade diverse dal marmo, dal bronzo o dalle pareti affrescate. Questa rifondazione passa quindi attraverso l’indagine su materiali differenti capaci di portare nell’attualità i generi di sempre. Il che consente di intuire l’altra strada che prende l’arte nel suo risorgere…
L’arte d’oggi esalta la miseria economica del fare per uscire dalla miseria cerebrale del sentire.
I creativi attuali della ricerca sono oggettivamente miserabili nel senso più autentico del termine: non hanno mezzi per grandi studi, per materiali costosi, per trasporti impegnativi, per allestimenti faraonici. Tutta roba quest’ultima dell’epoca appena conclusa nel vortice della catastrofe.
La scultura di Paolo Anselmo si sviluppa nel più arcaico dei materiali, la terracotta, quella che ha bisogno di poco per diventar eterna, fuoco e colore. Ma è pure questa terracotta un materiale che ha approfittato fino in fondo delle innovazioni tecnologiche d’un secolo appena concluso, generoso di scoperte al tal punto d’avere consentito la crescita fisica degli oggetti, la plasticità delle crete, la follia dei colori e delle invetriature.
E lui la follia la sposa senza esitazione, generando mostri e mostriciattoli, esseri marini esistenti solo in fondo alla coscienza ancora non indagata, piccole ipotesi diaboliche che si sprigionano per forza propria”.
Philippe Daverio
Paolo Anselmo e la felicità inquieta
“Siamo certi che non mancheranno in futuro occasioni per occuparci ancora e più ampiamente dell’opera di Paolo Anselmo, del suo (per ora) breve ma già straordinario percorso. Anche se in questa circostanza non possiamo dilungarci in un approccio analitico, sviluppando un’indagine minuziosa ed articolata in grado di scandagliare a fondo le molteplici stratificazioni semantiche del suo magico universo poetico, tenteremo tuttavia di evidenziare in breve quelle che a noi appaiono essere le coordinate dominanti del suo linguaggio. In un momento come l’attuale in cui da più parti giungono segnali confortanti sulla vivacità e sulle favorevoli prospettive della nostra ceramica artistica (grazie anche ad un tardivo ma provvidenziale risveglio di una certa critica militante), Paolo Anselmo si distingue e si impone con la sua singolare personalità. Egli si presenta anzi, si può dire, come il ceramista più moderno e al tempo stesso più classico del panorama contemporaneo italiano. Il più classico e il più rivoluzionario.
Al di là delle parole, ne fa fede l’originalità e la forza del suo nutrito campionario di modelli, approntato in poco più di un decennio di attività, da quando nel 1996 egli avviò la sua fornace ad Albisola. E si tratta – come ben documentano anche le opere selezionate in occasione di questa mostra – di un repertorio in continuo divenire, unico ed inconfondibile, costante solo nella sua stupefacente imprevedibilità. A nessuno sfuggirà, ne siamo più che convinti, che ci troviamo davanti ad un’arte inquieta: un’arte animata da una felicità raggiunta e subito perduta. Ma è proprio questa costante tensione, questo slancio proteso verso un irraggiungibile anelito, a conferire sostanza ed autenticità all’impegno dell’artista, a garantirne il valore. Se così non fosse, ci troveremmo ad ammirare un virtuosismo fine a se stesso, uno sterile, per quanto accattivante, esercizio della fantasia. E non si intende con ciò sminuire il ruolo della componente ludica, nelle sue creazioni, il fascino e l’importanza del gioco. Si vuole solo dire che si tratta di un gioco serio.
Appare altresì evidente come quella di Anselmo, oltre che inquieta, sia un’arte composita, strutturata.
C’è una spiccata componente narrativa, nelle sue opere, ma a ben vedere si tratta di racconti interrotti, flash, rapsodie, frammenti. È quasi sempre più un evocare che un raccontare. Per questo motivo la loro stesura non procede quasi mai per andamento lineare, ma si sviluppa di volta in volta per superfetazioni, cesure, asimmetrie, dissonanze. Una prassi, questa, che si avvale e si rafforza nell’uso del colore come mezzo espressivo, strumento necessario alla tenuta dell’insieme, parte integrante della forma. E lo stesso si può dire per le diverse procedure compositive, attuate tramite il tornio, la lastra, la trafila, la manipolazione, anch’esse, come il colore, elemento portante dell’ispirazione.
Ora, proprio entro i termini variabili di tali denominatori comuni del composito e dell’inquieto, si snoda e procede spedito il fantastico viaggio di Paolo Anselmo, il suo itinerario talora grottesco e provocatorio, allucinato e irriverente. Nessuna meraviglia se lungo il tragitto ci imbatteremo in un bestiario umano o in animali umanizzati, in oggetti o simboli del quotidiano, in simulacri del mondo visibile o di quello dell’inconscio.
Gufi e civette, granchi e polpi, rettili e piante, teste virili e busti muliebri, elmi e maschere, parti anatomiche, bombole del gas e vecchie stufe sono i singoli elementi di un medesimo panorama che ci accompagna lungo questo prodigioso percorso. Sono momenti di una medesima e sempre nuova emozione.
Si fa presto a capire che siamo in cammino verso qualche luogo meraviglioso, una di quelle località immaginarie che non si dimenticano, e dalle quali non si torna mai a mani vuote”.
Emanuele Gaudenzi, Esperto d’arte e d’antiquariato
Paolo Anselmo truccatore globetrotter
“Ci sono due tipi di matti, quelli pericolosi e quelli benefici. Paolo Anselmo appartiene a questa seconda categoria. Avvicinatosi alla ceramica soltanto all’età di 37 anni, con un passato di truccatore, Anselmo assunse immediatamente uno stile inconfondibile: quello di Paolo Anselmo. Diplomato a fatica al Liceo Artistico Arturo Martini di Savona, si ritrovò, ventenne, a Milano, chiamato dall’amico fotografo Roberto Carpi che aveva bisogno di un collaboratore per il maquillage. Come spesso accade nella sua vita, Anselmo le cose se le inventa e se le inventa bene. Ebbe fiducia in lui anche il grande fotografo Gianpaolo Barbieri che lo presentò a Nando Chiesa, celeberrimo make-up artist. Milano, Parigi, Tokyo, New York, San Francisco, Los Angeles. Yul Anselmo – come veniva chiamato allora nell’ambiente della moda per la somiglianza col pelato più famoso della storia del cinema – imparò la professione viaggiando. Le sue tele sono state i volti delle modelle meno note e più note. Fra queste ultime, Marpessa, Linda Evangelista, Nadia Auermann, René Simonsen, solo per citarne alcune. Ogni stilista voleva partecipare al trucco dando consigli sul make-up. Romeo Gigli, che amava parlare della sua collezione di mappamondi, Enrico Coveri, che dopo le sfilate riuniva gli amici a casa, sul Lungarno, a Firenze, e Moschino che gli regalò dei capi della collezione Kaos 1993.
Paolo Anselmo stava acquisendo senza accorgersene un’esperienza che neppure quindici Accademie di Belle Arti riunite gli avrebbero potuto fornire. Fra i suoi consiglieri c’erano anche i titolari delle agenzie di modelle, Riccardo Gay, Paolo Tomei e Giorgio Piazzi, Beatrice di Beatrice Models e Marco Reati, direttore di Uomo Vogue.
Ad Elio Fiorucci piaceva che le sue modelle sfilassero con i colori Anselmo e Gianna Tanni, booker, caster di livello internazionale spesso trovava i volti adatti a queste cromie. Yul-Paolo ebbe modo di conoscere il mondo degli accessori di moda grazie a Dado Jemmi e quello affascinante dei bottoni con Civaschi. Luigi Settembrini lo sostenne a lungo avendo forse notato che questo make-up artist aveva le qualità di un artista anche senza make-up. Pochissimi del suo antico mondo sanno chi sia oggi Paolo Anselmo e si stupiranno negli anni a venire. Sarà una gara a “io l’ho conoscevo”.
Dopo sedici anni di questa vita, una fidanzata gelosa lo incatenò, obbligandolo a rinunciare alla professione di truccatore globetrotter. Paolo Anselmo non sapeva neanche di essere diventato un body artist.
Che paura possono fare una tela o della ceramica a qualcuno abituato a mettere le mani sul volto di Linda Evangelista? Una sera, dopo un anno di reclusione sentimentale, Anselmo camminava come un bufalo imprigionato, nell’esercizio della sua nuova professione di portiere di notte. Fu allora che si ricordò che l’amico artista albisolese Franco Bratta gli aveva regalato un pano di creta. Così, senza motivo. Anselmo lo prese e ci tirò fuori un pesce iniziando la sua nuova carriera. Dopo due anni trascorsi su e giù fra Albissola Monte e Albisola Mare, infarcito dei preziosi consigli di Bratta, Anselmo si trasferì a Vallauris. La Francia lo accolse come un capo di stato. Robert Bicault, che aveva la sua fabbrica maiolicara in Avenue Picasso, lo ospitò gratuitamente.
I coniugi Mimi e Dedé Brottier titolari della Galerie des Arcades, gli dettero la chiave della camera 105 dell’Hotel des Arcades. Alla Poterie Provençale, Reneé Augé Laribé, nipote del famoso Michel che all’Expo di Parigi del 1900 aveva brevettato e presentato la tecnica per realizzare anfore intrecciate con la corda alte anche cinque metri, lo accolse da allievo. Artisti come Jacky Coville, Vasarely Jr., Roger Capron, vecchio picassiano e Hans Berger, quello degli ortaggi monumentali, seppero coinvolgere il giovane artista ligure in un’atmosfera elettrizzante. Erano gli anni ’90. Nicola Schindler (ascensori) invitò Anselmo a Gstaade a Cap Ferrat facendogli realizzare pitture e sculture per le taverne delle sue case. Il Principe Alberto lo invitò a Monte Carlo al Ballo della Croce Rossa dove conobbe Roland de la Poype inventore della Meharie del museo privato di Marineland che dà la birra all’Oceanografico di Monaco e a quello di Genova. Questo museo fu ed è tuttora fonte di inesauribile ispirazione per Paolo Anselmo che ama ritrarre anche le creature che vivono a meno quattro mila metri sotto il livello del mare. Dopo tre anni di sogno francese, Anselmo tornò ad Albisola dove nacque la figlia Milla. Istituì il suo laboratorio in Via Isola 42.
Per fortuna è sempre rimasto un truccatore globetrotter. Gira il mondo truccando volti e situazioni. Una valanga autodidatta. I pesci da lui modellati hanno dei lunghissimi denti parlanti, umoristici come Fernandel e dei colori che ci riportano nelle barriere coralline o sulle spiagge. Anche questi pesci hanno subito la make-up art di Paolo, quasi dovessero sfilare. Polipi, stufe, volti umani, gufi, teste di drago, coccodrilli, vasi sarcastici e vasi allegri, urne cinerarie, elmi ed armature, piatti narrativi, scorpioni che lottano il sumo, maschere africane-giara, giraffe zebrate, adescatrici notturne non gratuite, camosci, visioni prae prae praehistoriche, buffosauri e anselmosauri, autoritratti ontaneschi. Anselmo si sposta, non si formalizza è di casa ovunque. A Faenza lavora col maestro Garavini. In grande armonia. Speriamo che la Polveriera del Priamar di Savona sappia sparare in cielo tutti questi fuochi d’artificio”.
Jean Blanchaert, Gallerista
Paolo Anselmo, autodidatta, inizia la sua avventura nel mondo della ceramica nel 1996 all’interno dell’albergo Villa Chiara di Albissola Marina esercitandosi nella sala riunioni trasformata in laboratorio. Nello stesso anno apre la sua prima galleria, sempre in Albissola, presentando anche opere permanenti per l’allestimento del nuovo Hotel Garden, oggi punto di incontro per numerosi artisti. Nel 1998 si trasferisce in Provenza a Biot dove espone le sue opere nell’Hotel Gallery des Arcades e sempre a Biot lavora a “La Poterie Provençale” di René Augé-Laribé. Rimane così in Francia fino al 2001; poi con la nascita della figlia ritorna ad Albissola dove apre il suo primo Atelier. Paolo Anselmo lavora in tutte le botteghe di Albissola per poter cuocere le sue opere fino a che nel 2007 finalmente compra un forno. Philippe Daverio scopre Paolo Anselmo a Milano nel 2003 ad una personale storica nella Galleria di Jean Blanchaert, che oggi è diventato il suo gallerista e il Prof. Daverio un amico critico del suo lavoro.
Mostre e rassegne:
1996 – “I Cavalieri e il Mare”, personale, curata dal maestro Sergio Dangelo, Albissola Marina.
1998 – Festival de l’image sous marine, Antibes.
1998 – Fète des metiers d’art, Biot.
2003 – “Elmi di Paolo Anselmo”, Logo loco, curata da Luciano Caprile, Genova.
2004 – “Viaggio attraverso la ceramica grottesca”, collettiva curata da Enzo Biffi Gentili, Vietri sul Mare.
2005 – Show room Swarosky, galleria Vittorio Emanuele, Milano, personale curata da Jean Blanchaert.
2006 – “Il Tapiro Pigato”, Circolo degli Inquieti, consegna all’inquieto dell’anno Antonio Ricci, Savona.
2006 – Premio Fondazione Michetta, mostra curata dal prof. Philippe Daverio, Francavilla al Mare,
2007 – “13×17” Padiglione Italia in concomitanza della Biennale di Venezia, progetto curato dal prof. Philippe Daverio.
2009 – “Chi dorme non piglia pesci”, personale con il fotografo Gianpaolo Barbieri, curata dal prof. Philippe Daverio, Milano, Grand Hotel de Milan.
2009 – “Paolo Anselmo a Faenza”, Puntata Terre Passpartout.rai.it.
2009 – “Lo zoo e Paolo Anselmo”, personale curata dal prof. Philippe Daverio, Fortezza Priamar, Savona.
2010 – “Gerusalemme-Albissola a/r”, personale curata dal prof. Arturo Schwartz, Albissola.
2011 – “Animali da palcoscenico”, personale, Galleria il Mulino, Savona.
2011 – “54a Biennale di Venezia”, a cura di Vittorio Sgarbi, Palazzo Nervi, Torino, 17 dicembre – 31 gennaio 2012.
2012 – “Paolo Anselmo. Mostri, mostriciattoli ed esseri marini”, personale, Galleria Arianna Sartori – Arte, Mantova, 24 marzo – 5 aprile.
2012 – “ZOO animali in galleria”, Anna Maria Consadori Arte Antiquariato Design, Milano, 15 novembre – 22 dicembre.
2012 – “Paolo Anselmo. Salute To Art Basel Miami 2012”, Art Fusion Gallery, Miami (USA), 1 – 21 dicembre.
2013 – “Paolo Anselmo. Domino di Noè”, personale curata dal prof. Riolfo Marengo, Palazzo Ducale, Genova, 24 maggio – 9 giugno.
2013 – “Overplay” Evento collaterale 55. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Palazzo Albrizzi, Venezia, 1 giugno – 24 novembre.
2013 – “Paolo Anselmo. Domino di Noè”, Casinò, Sanremo, giugno.
2013 – “Manualmente – Ceramica 2013”, Villa Necchi Campiglio, Milano, 30 novembre – 1 dicembre.
2014 – “1° Biennale d’arte del Principato di Monaco”, Hotel de Paris, Principato di Monaco, 27 febbraio – 3 marzo.
2014 –Paolo
Anselmo. Mediterraneo Pottery Music Live Tour 2014”, personale, Galleria Arianna Sartori – Arte, Mantova, 3 – 15 maggio.
L’esposizione, a cura di Arianna Sartori, resterà aperta al pubblico fino al 15 maggio 2014.
“L’inizio del XXI secolo verrà un giorno ricordato come “Gli anni della miseria” a conclusione del trentennio inventato da un attore americano diventato presidente, il quale trentennio passerà probabilmente alla storia come “ciclo del trash”.
11.09.2001 si celebra la miseria del gesto umano con il crimine delle Torri Gemelle a New York. La Biennale veneziana allora curata da Harald Zseemann è eccellente perché riesce già nel mese di giugno a prevedere il disastro di settembre. Poi la Biennale si adatta e le edizioni 2003/5/7 celebrano la miseria del gesto intellettuale, che sarebbe poi il pensiero vuoto quando viene tradotto in azione inutile. In fine Wall Street nel 2008 celebra la miseria della finanza e la distribuisce su tutto il globo terrestre.
Sicché la Biennale di Venezia edizione 2009 celebra, nel vuoto di pensiero totale, con l’automatismo geniale tipico degli imbecilli etimologici, il vuoto definitivo d’un mondo chic che non sa più che cosa dire al mondo check.
E il mondo choc? Il mondo choc, che sarebbe quello dell’arte che continua imperterrita ad affermare la propria vitalità, sta scoprendo una sua strada nuova.
Dalla miseria politica come da quella finanziaria si esce dando potere all’immaginazione, da quella intellettuale dando potere all’intelligenza.
Dalla miseria artistica si esce dando tutto il potere alla fantasia. Un esperimento degno d’attenzione è in corso qui, a Savona, dove la fantasia artistica prende oggi due strade altrettanto radicali.
La prima consiste in una rifondazione dei termini utilizzati: se a Venezia la mostra curata dallo svedese di Francoforte si trova a premiare come migliore artista il tedesco che ha progettato il bar, lo si capisce in quanto per i popoli germanici e scandinavi il vero luogo della creatività è sempre stata la birreria. In Italia la questione è diversa: qui sul mediterraneo le arti plastiche si sono da sempre articolate in architettura, scultura e pittura, dai dibattiti socratici fino alle diatribe rinascimentali. Rifondare il linguaggio vuol dire oggi ridare senso semantico a questi termini. Ovviamente provando strade diverse dal marmo, dal bronzo o dalle pareti affrescate. Questa rifondazione passa quindi attraverso l’indagine su materiali differenti capaci di portare nell’attualità i generi di sempre. Il che consente di intuire l’altra strada che prende l’arte nel suo risorgere…
L’arte d’oggi esalta la miseria economica del fare per uscire dalla miseria cerebrale del sentire.
I creativi attuali della ricerca sono oggettivamente miserabili nel senso più autentico del termine: non hanno mezzi per grandi studi, per materiali costosi, per trasporti impegnativi, per allestimenti faraonici. Tutta roba quest’ultima dell’epoca appena conclusa nel vortice della catastrofe.
La scultura di Paolo Anselmo si sviluppa nel più arcaico dei materiali, la terracotta, quella che ha bisogno di poco per diventar eterna, fuoco e colore. Ma è pure questa terracotta un materiale che ha approfittato fino in fondo delle innovazioni tecnologiche d’un secolo appena concluso, generoso di scoperte al tal punto d’avere consentito la crescita fisica degli oggetti, la plasticità delle crete, la follia dei colori e delle invetriature.
E lui la follia la sposa senza esitazione, generando mostri e mostriciattoli, esseri marini esistenti solo in fondo alla coscienza ancora non indagata, piccole ipotesi diaboliche che si sprigionano per forza propria”.
Philippe Daverio
Paolo Anselmo e la felicità inquieta
“Siamo certi che non mancheranno in futuro occasioni per occuparci ancora e più ampiamente dell’opera di Paolo Anselmo, del suo (per ora) breve ma già straordinario percorso. Anche se in questa circostanza non possiamo dilungarci in un approccio analitico, sviluppando un’indagine minuziosa ed articolata in grado di scandagliare a fondo le molteplici stratificazioni semantiche del suo magico universo poetico, tenteremo tuttavia di evidenziare in breve quelle che a noi appaiono essere le coordinate dominanti del suo linguaggio. In un momento come l’attuale in cui da più parti giungono segnali confortanti sulla vivacità e sulle favorevoli prospettive della nostra ceramica artistica (grazie anche ad un tardivo ma provvidenziale risveglio di una certa critica militante), Paolo Anselmo si distingue e si impone con la sua singolare personalità. Egli si presenta anzi, si può dire, come il ceramista più moderno e al tempo stesso più classico del panorama contemporaneo italiano. Il più classico e il più rivoluzionario.
Al di là delle parole, ne fa fede l’originalità e la forza del suo nutrito campionario di modelli, approntato in poco più di un decennio di attività, da quando nel 1996 egli avviò la sua fornace ad Albisola. E si tratta – come ben documentano anche le opere selezionate in occasione di questa mostra – di un repertorio in continuo divenire, unico ed inconfondibile, costante solo nella sua stupefacente imprevedibilità. A nessuno sfuggirà, ne siamo più che convinti, che ci troviamo davanti ad un’arte inquieta: un’arte animata da una felicità raggiunta e subito perduta. Ma è proprio questa costante tensione, questo slancio proteso verso un irraggiungibile anelito, a conferire sostanza ed autenticità all’impegno dell’artista, a garantirne il valore. Se così non fosse, ci troveremmo ad ammirare un virtuosismo fine a se stesso, uno sterile, per quanto accattivante, esercizio della fantasia. E non si intende con ciò sminuire il ruolo della componente ludica, nelle sue creazioni, il fascino e l’importanza del gioco. Si vuole solo dire che si tratta di un gioco serio.
Appare altresì evidente come quella di Anselmo, oltre che inquieta, sia un’arte composita, strutturata.
C’è una spiccata componente narrativa, nelle sue opere, ma a ben vedere si tratta di racconti interrotti, flash, rapsodie, frammenti. È quasi sempre più un evocare che un raccontare. Per questo motivo la loro stesura non procede quasi mai per andamento lineare, ma si sviluppa di volta in volta per superfetazioni, cesure, asimmetrie, dissonanze. Una prassi, questa, che si avvale e si rafforza nell’uso del colore come mezzo espressivo, strumento necessario alla tenuta dell’insieme, parte integrante della forma. E lo stesso si può dire per le diverse procedure compositive, attuate tramite il tornio, la lastra, la trafila, la manipolazione, anch’esse, come il colore, elemento portante dell’ispirazione.
Ora, proprio entro i termini variabili di tali denominatori comuni del composito e dell’inquieto, si snoda e procede spedito il fantastico viaggio di Paolo Anselmo, il suo itinerario talora grottesco e provocatorio, allucinato e irriverente. Nessuna meraviglia se lungo il tragitto ci imbatteremo in un bestiario umano o in animali umanizzati, in oggetti o simboli del quotidiano, in simulacri del mondo visibile o di quello dell’inconscio.
Gufi e civette, granchi e polpi, rettili e piante, teste virili e busti muliebri, elmi e maschere, parti anatomiche, bombole del gas e vecchie stufe sono i singoli elementi di un medesimo panorama che ci accompagna lungo questo prodigioso percorso. Sono momenti di una medesima e sempre nuova emozione.
Si fa presto a capire che siamo in cammino verso qualche luogo meraviglioso, una di quelle località immaginarie che non si dimenticano, e dalle quali non si torna mai a mani vuote”.
Emanuele Gaudenzi, Esperto d’arte e d’antiquariato
Paolo Anselmo truccatore globetrotter
“Ci sono due tipi di matti, quelli pericolosi e quelli benefici. Paolo Anselmo appartiene a questa seconda categoria. Avvicinatosi alla ceramica soltanto all’età di 37 anni, con un passato di truccatore, Anselmo assunse immediatamente uno stile inconfondibile: quello di Paolo Anselmo. Diplomato a fatica al Liceo Artistico Arturo Martini di Savona, si ritrovò, ventenne, a Milano, chiamato dall’amico fotografo Roberto Carpi che aveva bisogno di un collaboratore per il maquillage. Come spesso accade nella sua vita, Anselmo le cose se le inventa e se le inventa bene. Ebbe fiducia in lui anche il grande fotografo Gianpaolo Barbieri che lo presentò a Nando Chiesa, celeberrimo make-up artist. Milano, Parigi, Tokyo, New York, San Francisco, Los Angeles. Yul Anselmo – come veniva chiamato allora nell’ambiente della moda per la somiglianza col pelato più famoso della storia del cinema – imparò la professione viaggiando. Le sue tele sono state i volti delle modelle meno note e più note. Fra queste ultime, Marpessa, Linda Evangelista, Nadia Auermann, René Simonsen, solo per citarne alcune. Ogni stilista voleva partecipare al trucco dando consigli sul make-up. Romeo Gigli, che amava parlare della sua collezione di mappamondi, Enrico Coveri, che dopo le sfilate riuniva gli amici a casa, sul Lungarno, a Firenze, e Moschino che gli regalò dei capi della collezione Kaos 1993.
Paolo Anselmo stava acquisendo senza accorgersene un’esperienza che neppure quindici Accademie di Belle Arti riunite gli avrebbero potuto fornire. Fra i suoi consiglieri c’erano anche i titolari delle agenzie di modelle, Riccardo Gay, Paolo Tomei e Giorgio Piazzi, Beatrice di Beatrice Models e Marco Reati, direttore di Uomo Vogue.
Ad Elio Fiorucci piaceva che le sue modelle sfilassero con i colori Anselmo e Gianna Tanni, booker, caster di livello internazionale spesso trovava i volti adatti a queste cromie. Yul-Paolo ebbe modo di conoscere il mondo degli accessori di moda grazie a Dado Jemmi e quello affascinante dei bottoni con Civaschi. Luigi Settembrini lo sostenne a lungo avendo forse notato che questo make-up artist aveva le qualità di un artista anche senza make-up. Pochissimi del suo antico mondo sanno chi sia oggi Paolo Anselmo e si stupiranno negli anni a venire. Sarà una gara a “io l’ho conoscevo”.
Dopo sedici anni di questa vita, una fidanzata gelosa lo incatenò, obbligandolo a rinunciare alla professione di truccatore globetrotter. Paolo Anselmo non sapeva neanche di essere diventato un body artist.
Che paura possono fare una tela o della ceramica a qualcuno abituato a mettere le mani sul volto di Linda Evangelista? Una sera, dopo un anno di reclusione sentimentale, Anselmo camminava come un bufalo imprigionato, nell’esercizio della sua nuova professione di portiere di notte. Fu allora che si ricordò che l’amico artista albisolese Franco Bratta gli aveva regalato un pano di creta. Così, senza motivo. Anselmo lo prese e ci tirò fuori un pesce iniziando la sua nuova carriera. Dopo due anni trascorsi su e giù fra Albissola Monte e Albisola Mare, infarcito dei preziosi consigli di Bratta, Anselmo si trasferì a Vallauris. La Francia lo accolse come un capo di stato. Robert Bicault, che aveva la sua fabbrica maiolicara in Avenue Picasso, lo ospitò gratuitamente.
I coniugi Mimi e Dedé Brottier titolari della Galerie des Arcades, gli dettero la chiave della camera 105 dell’Hotel des Arcades. Alla Poterie Provençale, Reneé Augé Laribé, nipote del famoso Michel che all’Expo di Parigi del 1900 aveva brevettato e presentato la tecnica per realizzare anfore intrecciate con la corda alte anche cinque metri, lo accolse da allievo. Artisti come Jacky Coville, Vasarely Jr., Roger Capron, vecchio picassiano e Hans Berger, quello degli ortaggi monumentali, seppero coinvolgere il giovane artista ligure in un’atmosfera elettrizzante. Erano gli anni ’90. Nicola Schindler (ascensori) invitò Anselmo a Gstaade a Cap Ferrat facendogli realizzare pitture e sculture per le taverne delle sue case. Il Principe Alberto lo invitò a Monte Carlo al Ballo della Croce Rossa dove conobbe Roland de la Poype inventore della Meharie del museo privato di Marineland che dà la birra all’Oceanografico di Monaco e a quello di Genova. Questo museo fu ed è tuttora fonte di inesauribile ispirazione per Paolo Anselmo che ama ritrarre anche le creature che vivono a meno quattro mila metri sotto il livello del mare. Dopo tre anni di sogno francese, Anselmo tornò ad Albisola dove nacque la figlia Milla. Istituì il suo laboratorio in Via Isola 42.
Per fortuna è sempre rimasto un truccatore globetrotter. Gira il mondo truccando volti e situazioni. Una valanga autodidatta. I pesci da lui modellati hanno dei lunghissimi denti parlanti, umoristici come Fernandel e dei colori che ci riportano nelle barriere coralline o sulle spiagge. Anche questi pesci hanno subito la make-up art di Paolo, quasi dovessero sfilare. Polipi, stufe, volti umani, gufi, teste di drago, coccodrilli, vasi sarcastici e vasi allegri, urne cinerarie, elmi ed armature, piatti narrativi, scorpioni che lottano il sumo, maschere africane-giara, giraffe zebrate, adescatrici notturne non gratuite, camosci, visioni prae prae praehistoriche, buffosauri e anselmosauri, autoritratti ontaneschi. Anselmo si sposta, non si formalizza è di casa ovunque. A Faenza lavora col maestro Garavini. In grande armonia. Speriamo che la Polveriera del Priamar di Savona sappia sparare in cielo tutti questi fuochi d’artificio”.
Jean Blanchaert, Gallerista
Paolo Anselmo, autodidatta, inizia la sua avventura nel mondo della ceramica nel 1996 all’interno dell’albergo Villa Chiara di Albissola Marina esercitandosi nella sala riunioni trasformata in laboratorio. Nello stesso anno apre la sua prima galleria, sempre in Albissola, presentando anche opere permanenti per l’allestimento del nuovo Hotel Garden, oggi punto di incontro per numerosi artisti. Nel 1998 si trasferisce in Provenza a Biot dove espone le sue opere nell’Hotel Gallery des Arcades e sempre a Biot lavora a “La Poterie Provençale” di René Augé-Laribé. Rimane così in Francia fino al 2001; poi con la nascita della figlia ritorna ad Albissola dove apre il suo primo Atelier. Paolo Anselmo lavora in tutte le botteghe di Albissola per poter cuocere le sue opere fino a che nel 2007 finalmente compra un forno. Philippe Daverio scopre Paolo Anselmo a Milano nel 2003 ad una personale storica nella Galleria di Jean Blanchaert, che oggi è diventato il suo gallerista e il Prof. Daverio un amico critico del suo lavoro.
Mostre e rassegne:
1996 – “I Cavalieri e il Mare”, personale, curata dal maestro Sergio Dangelo, Albissola Marina.
1998 – Festival de l’image sous marine, Antibes.
1998 – Fète des metiers d’art, Biot.
2003 – “Elmi di Paolo Anselmo”, Logo loco, curata da Luciano Caprile, Genova.
2004 – “Viaggio attraverso la ceramica grottesca”, collettiva curata da Enzo Biffi Gentili, Vietri sul Mare.
2005 – Show room Swarosky, galleria Vittorio Emanuele, Milano, personale curata da Jean Blanchaert.
2006 – “Il Tapiro Pigato”, Circolo degli Inquieti, consegna all’inquieto dell’anno Antonio Ricci, Savona.
2006 – Premio Fondazione Michetta, mostra curata dal prof. Philippe Daverio, Francavilla al Mare,
2007 – “13×17” Padiglione Italia in concomitanza della Biennale di Venezia, progetto curato dal prof. Philippe Daverio.
2009 – “Chi dorme non piglia pesci”, personale con il fotografo Gianpaolo Barbieri, curata dal prof. Philippe Daverio, Milano, Grand Hotel de Milan.
2009 – “Paolo Anselmo a Faenza”, Puntata Terre Passpartout.rai.it.
2009 – “Lo zoo e Paolo Anselmo”, personale curata dal prof. Philippe Daverio, Fortezza Priamar, Savona.
2010 – “Gerusalemme-Albissola a/r”, personale curata dal prof. Arturo Schwartz, Albissola.
2011 – “Animali da palcoscenico”, personale, Galleria il Mulino, Savona.
2011 – “54a Biennale di Venezia”, a cura di Vittorio Sgarbi, Palazzo Nervi, Torino, 17 dicembre – 31 gennaio 2012.
2012 – “Paolo Anselmo. Mostri, mostriciattoli ed esseri marini”, personale, Galleria Arianna Sartori – Arte, Mantova, 24 marzo – 5 aprile.
2012 – “ZOO animali in galleria”, Anna Maria Consadori Arte Antiquariato Design, Milano, 15 novembre – 22 dicembre.
2012 – “Paolo Anselmo. Salute To Art Basel Miami 2012”, Art Fusion Gallery, Miami (USA), 1 – 21 dicembre.
2013 – “Paolo Anselmo. Domino di Noè”, personale curata dal prof. Riolfo Marengo, Palazzo Ducale, Genova, 24 maggio – 9 giugno.
2013 – “Overplay” Evento collaterale 55. Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia, Palazzo Albrizzi, Venezia, 1 giugno – 24 novembre.
2013 – “Paolo Anselmo. Domino di Noè”, Casinò, Sanremo, giugno.
2013 – “Manualmente – Ceramica 2013”, Villa Necchi Campiglio, Milano, 30 novembre – 1 dicembre.
2014 – “1° Biennale d’arte del Principato di Monaco”, Hotel de Paris, Principato di Monaco, 27 febbraio – 3 marzo.
2014 –Paolo
Anselmo. Mediterraneo Pottery Music Live Tour 2014”, personale, Galleria Arianna Sartori – Arte, Mantova, 3 – 15 maggio.
venerdì 2 maggio 2014
1 maggio futurista, festa dei rivoluzionari: LA FINE DEL TRANSUMANESIMO, verso TEMPI TRANSFUTURISTI
1 maggio futurista, festa dei rivoluzionari: LA FINE DEL TRANSUMANESIMO, verso TEMPI TRANSFUTURISTI
LA FINE DEL TRANSUMANESIMO: TEMPI TRANSFUTURISTI
Tempo di finire l'equivoco ormai transumanista in Italia. Neppure l'astronave madre USA, come segnalato persino su Wikipedia, ormai usa più questa parola contingente che storicamente va considerata ormai superata o in termini puramente segnici (Lotman, Gremais, Eco,,, non chattistI parapostumani su FACEBOOK!) . SI CHIAMA L'ASTRONAVE MADRE HUMANITY PLUS e i vari Kurzweil, Bostrom, More ecc. si autosegnalano come Futurist! Lo stesso Estropico ha messo in animazione sospesa il BLOG! I 2 gruppi italiani, AIT e Network alla fine, dopo alcuni anni certamente fondamentali e propulsivi sono in Crash! Migliaia di apparenti attivisti SU FACEBOOK! Ma attivi, nel REALE quanti? Basta vedere in Italia su Wikipedia: soltanto Riccardo Campa e il sottoscritto, nessun altro! Giulio Prisco e forse altri ma in Wikipedia inglese! Poi Prisco, per l'AIT, da un pezzo laterale, si è stufato da tempo, meglio i Cosmisti complementari, italo-russi o la Ammaliante Chiesa di Touring (ovvero dalle parti. concettualmente- di un certo Von Neumann comunque in certi effetti contemporanei mica banali!) Naturalmente massima stima tutt'oggi verso in particolare e per sempre per quel che ci riguarda il rivoluzionario Stefano Vaj, Giuseppe Vatinno fisico e filosofo e per quel che ci riguarda simpaticissimo, lo stesso Riccardo Campa, ex amico e ora spesso antipatico, ma indiscutibile sul piano strettamente intellettuale (noi siamo scienziati oggettivi non membri di qualsivoglia setta anche se laica...) altri certamente anche del Network; altri che hanno anche edito libri importanti recentemente (Manzocco ecc.), ma quest'ultimi specifici solo nominalmente in un gruppo o nell'altro e con giustezza, in realtà futurologi e basta, ricercatori ciberculturali... Ma globalmente i due gruppi storici sono statici, implosivi e quindi tempo di una salutare lezione futurista, FILIPPO TOMMASO MARINETTI E GRAZIANO CECCHINI DOCET, SIAMO FUTURISTI MAI ACCADEMICI! E QUESTO E' IL FUTURISMO! SIA CHIARO A TUTTI PER SEMPRE FINO AL BICENTENARIO 2109!
Lo stile settario, implosivo, chiuso dei due gruppi italiani, straordinario riflesso del solito carattere nazionale italiano intellettuale di nicchia, in flagrante contrasto con il metodo scientifico, espansivo e sinergico, alla fine è il Reale attuale... che se non decreta l'estinzione dei due gruppi li confina in scenari marginali, non di qualità specifica in sé ma nei fatti mediatici, vicoli ciechi che neppure Google Glass può illuminare., Gestioni settarie sia di Riccardo Campa, presidente AIT, sia del Network transumanisti “estropici”: impossibile sinergie dinamiche ormai, organisation da dilettanti volontari, manco esistono uffici stampa! Obiettivi almeno nell'AIT puramente ad personam e fobico-accademici, Riccardo Campa, molto meno Stefano Vaj , tuttavia in certo senso almeno, molta Forma e pochissimo arrosto!
Insomma siamo chiari ci pare.... La priorità poi di Facebook come logistica di azione web, la dice lunga, alla fine prevale l'ombra allucinatoria tipica dei social network.... persino abc di Internet, ma le teste d'uovo anche se di silicio, non vedono la FRITTATA in corso!
E la comunità scientifica italiana li considera bene che veda solo degli eccentrici interessanti, piu spesso degli sfigati! Se non peggio..... Ma le sette – laiche sia ben chiaro- ma sette non se ne accorgono ( e poco importa se tale Reale esterno sia ingeneroso, noi siamo oggettivi, molto va anche salvato storicamente del cosiddetto transumanesimo italiano, ma Media is Media e questa la verità collettiva, basta fare un giro nel web nei siti strettamente scientifici italiani, vedi anche il Sole 24 Ore!, i tag Transumanesimo …. ).
Ovviamente il transumanesimo è era soltanto una tappa del Tour del Futuro, che viene scientificamente dalla Futurologia e fin dagli anni '50, e almeno in Italia dal Futurismo storico!
Ebbene il memo contingente transumanista va benissimo in progress, ma finalmente in altro scenario concettuale e persino epistemico ben più storicamente fondato, ovvero almeno in Italia dal Futurismo infatti, non come veterofilosofia (dopo Nietzsche si parla scientificamente solo di Psicologia semmai, la filosofia soltanto uno specchio lacaniano... da rompere per estrarne i file non terminali ma ancora nascenti e da ottimizzare...) ma come Cibernetica Immaginaria o Futurismo sociale o Neofuturismo come esiste il Neodarwinismo... E' quello che noi (e altri) facevamo prima dei transumanisti e che abbiamo poi codificato come nessun altro transumanista in Italia, tranne parzialmente, vero Vatinno, ma non in dinamiche consapevoli futuriste, con l'editoria nazionale rilevante Futurismo per la Nuova Umanità... quasi ignorato dai transumanisti sedicenti italiani, nonostante capitoli e capitoli (e interviste) dedicate ad essi. (Ampia già la letteratura ma tutti editori minori, piaccia o meno, a volte persino editori demand!). Ma si sa, il Guru Campa non sopporta libera concorrenza intellettuale, come qualsivoglia conflitto futurista, solo come futurista uno storico brillante ma convenzionale, non rivoluzionario... Almeno Estropico alla fine si è rivelato ben più sincero e autentico, se ha mollato in certo senso alla fine si è rotto il cazzo pure lui....
Riassumiamo: consideriamo ormai esaurita la contingenza futuribile cosiddetta transumanista, almeno come logo griffa centrale, poi la parola ancora un buon sinonimo: ma d'ora in poi in Italia la parola d'ordine e dis-ordine è TRANSFUTURISMO, non solo come ala estetico letteraria come dal sottoscritto e altri artisti d'area (la pittrice Parisi, gli scrittori di fantascienza Battisti e Brugnoli critici d'arte Conte e Francolini, l'oltre artista Saccoccio, Graziano Cecchini ovvio, e altri, anche Vaj invero ma poi promoter ma solo di nicchia, non mediatico!) lanciato e nei fatti già operativo, ma come futurismo sociale e postumano o futurologia 3.0 in Italia, sempre aperta ai due gruppi italiani “classici” ma soprattutto ad altre dinamiche futuribili italiane finalmente emerse negli ultimi anni, da l'IIF di R. Paura a Space Renaissance , ecc., scenari quest'ultimi aperti ed espansivi, metodo scientifico, e non implosivi e settari come i due gruppi “storici” transumanisti, quasi società segrete... con persino, altro che rivoluzionari libertari, assurde regole a priori, assurde purezze extrapolitiche, da Royal Society ottocentesche durante l'ora del Tea! Nei loro regolamenti veteroscientisti guarda caso manca l'unica legge della Scienza, la LIBERTA', sembrano le Regole copia e incolla degli amanuensi gesuiti contro Galileo Galilei.
Altro che rivoluzioni annunciate! Spesso gli obiettivi sembrano soltanto gadget avveniristici come scimmie che bramano tatuaggi per sembrare homo sapiens! Ci siamo rotti il cazzo NOI FUTURISTI! E quindi vanno bene delle nicchie transumaniste in Italia... ma OGGI E DOMANI il futuro è FUTURISTA E BASTA!
Roby Guerra futurista info wikipedia
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