L’Ultima provocazione di Graziano Cecchini RossoTrevi
L’Ultima provocazione di Graziano Cecchini RossoTrevi
Alla scoperta dell’opera dell’artista che fece di Fontana di Trevi un installazione futurista.
di Francesca Barbi Marinetti
Sono trascorsi sei anni dal giorno in cui l’artista Graziano Cecchini si è ribattezzato con il nome di RossoTrevi. L’acqua battesimale tinta di rosso era quella di una delle fontane più conosciute del mondo, la Fontana di Trevi. Il gesto attingeva direttamente al concetto di Arte=Azione futurista. L’immagine languida della Ekberg ha sussultato: da quel momento in poi un’altra scena avrebbe popolato l’immaginario storico di quel luogo. Rosso sgomento, rosso provocazione, rosso azione, Rosso Trevi. Bellezza e irriverenza! La notizia ha rimbalzato di canale in canale, lasciando divisi tra il farsi rapire dalla spettacolare visione e il non accettare tale sfrontatezza.
Da quella data Graziano Cecchini si è fatto conoscere per molte altre azioni futuriste. Come quella giocosa delle palline colorate fatte rotolare dalle scalinate di Trinità dei Monti su piazza di Spagna, se non l’imponente installazione di marmo su piazzale Michelangelo a Firenze.
La vocazione alla protesta ha spirito avanguardistico e la lettura di Marinetti è stata dichiaratamente un vademecum. L’arte è comunicazione! Una lezione e un’eredità che RossoTrevi incarna con vigore. Ma è riduttivo apprezzare l’artista Cecchini solo per il vitalismo e le performance. C’è da chiedersi, anzi, se la pertinenza delle sue azioni e installazioni non sia ancora una volta una presa di posizione creativa per rompere il circolo vizioso dell’indifferenza e del senso di asfissia che permea il mondo del mercato dell’arte. L’artista Cecchini ama sporcarsi le mani di pittura, ha studiato con passione i grandi del Rinascimento italiano, rivela anche nelle opere pittoriche un’inclinazione raffinata alla ricerca dei volumi scultorei. Nel suo studio una folta schiera di opere di livello chiamano a gran voce occhi per essere guardate, spazi per essere allestite, occasioni per confrontarsi con la voce viva della contemporaneità.
Cecchini denuncia la staticità e insegue un cambiamento. “Devo cambiare per rimanere me stesso”, dice, mentre racconta di come si sia ora trasferito dalla Capitale in Liguria. “Per coltivare nuove e stimolanti amicizie che vanno da Camogli alla Riviera di Ponente, dove, guarda caso, il Caso si è fatto vivo e parla anche russo… e probabilmente mi farà volare fino a San Pietroburgo!”. La vita è fatta anche di incontri casuali, ma quanta amarezza nel pensare che oramai è più facile trovare più Italia all’estero che non qui, “che quell’effervescenza culturale che ci apparteneva ora è migrata lontana insieme ai nostri sogni e ai nostri cervelli. Chiederò asilo politico e culturale proprio alla Russia di Putin!”.
Un’altra provocazione o piuttosto una vitale reazione? Chi sarà il vero sconfitto?